Come ben sappiamo i manga e gli anime costituiscono un aspetto molto importante della quotidianità come anche dell’economia del Giappone. Tuttavia lo studio e lo sviluppo delle arti visive nel Paese del Sol Levante non si limitano a questo, e sarebbe quindi interessante conoscere colei che viene ritenuta da molti la più grande artista giapponese vivente; stiamo parlando di Yayoi Kusama.
L’artista nasce nella città di Matsumoto, nella prefettura di Nagano, nel 1929. La sua formazione artistica ha inizio con lo studio delle pittura Nihonga, termine con il quale, durante il periodo Meiji (1868-1912), venivano indicate quelle opere caratterizzate da rigore formale e realizzate secondo i canoni artistici tradizionali, così come i materiali e le tecniche.
Nel 1958 si trasferisce a New York, inserendosi a pieno titolo tra i maggiori esponenti dell’avant-garde. A questo periodo risalgono i primi dipinti della serie Infinity Nets, realizzati su tele enormi, lunghe anche una decina di metri. Durante gli anni ’60 la sua popolarità è enorme, seconda solo a quella di Andy Warhol. La sua produzione non si limita solo ai dipinti, ma si estende anche ad altre forme di espressione artistica che comprendono le soft sculptures, come Accumulation, Sex Obsession, Compulsive Furniture, le installazioni, come quella presentata nel 1966 alla Biennale di Venezia, Narcissus Garden. L’opera era costituita da 1500 sfere riflettenti, distribuite su un prato di erba sintetica, che l’artista cominciò a vendere al prezzo di 1.500 Lire ciascuna, per mettere in evidenza gli aspetti commerciali legati al mondo dell’arte e delle esposizioni. A partire dal 1967 organizza degli Happening, all’insegna della sua filosofia Love Forever; durante queste performance artistiche i modelli indossano abiti di sua creazione oppure ne dipinge i corpi con dei pois (che diverranno poi distintivi della sua produzione artistica), in segno di protesta contro la guerra in Vietnam. Gli Happening faranno inoltre parte del suo lavoro cinematografico Kusama’s Self Obliteration.
All’inizio degli anni ’70 torna in Giappone, dove ha modo di esprimere la propria natura artistica attraverso la scrittura di romanzi, racconti e poesie, tra cui The Hustler’s Grotto of Christopher Street (1983) e Violet Obsession (1998).
Nel 1993 partecipa nuovamente alla Biennale di Venezia, dove realizza un’installazione costituita da numerose sculture a forma di zucca, posizionate all’interno di una sala di specchi. La zucca diventerà per l’artista una sorta di alter ego. Dal 1994 inizia la sua produzione di sculture da esterno, commissionate da importanti istituzioni in tutto il mondo tra cui il Fukuoka Prefectural Museum of Art di Fukuoka, il Benesse Art Site di Naoshima e il Matsumoto City Museum of Art di Matsumoto, in Giappone; l’Eurolille di Lille, in Francia; e il Beverly Hills City Council di Beverly Hills, in California.
In anni più recenti realizza opere ambientali come Passing Winter (2005) e Aftermath of Obliteration of Eternity (2009), all’interno della quale lo spettatore assiste ad una affascinate illusione ottica che richiama l’infinito attraverso un mirabolante gioco di luci e di specchi. Le sue opere sono esposte nelle collezioni permanenti dei più importanti musei del mondo, tra cui il Museum of Modern Art, New York; il Los Angeles County Museum of Art, Los Angeles; il Walker Art Center, Minneapolis; la Tate Modern, Londra; lo Stedelijk Museum, Amsterdam; il Centre Pompidou, Parigi; e il National Museum of Modern Art, Tokyo. Numerose inoltre sono state le mostre che hanno ospitato le opere della Kusama in tutto il mondo, oltre ai riconoscimenti ottenuti grazie alla sua carriera ed al suo ineguagliabile contributo artistico, tra cui l’Ordine del Sole Nascente, ed il Praemium Imperiale per la pittura.
Artista poliedrica ed incessantemente impegnata nella realizzazione delle sue opere, Yayoi Kusama colpisce per l’estrema originalità che caratterizzano i suoi lavori, anche a distanza di anni dal contesto storico e culturale nel quale gli stessi erano stati creati.
Attraverso le sue opere l’artista esprime la propria visione dell’universo, dell’infinito e della sua composizione e ri-composizione all’interno della tela, attraverso pattern e grafiche ripetute innumerevoli volte. Ne sono un esempio le tele della serie Infinity Nets, la cui realizzazione rappresenta anche il rapporto ossessivo-compulsivo della Kusama con la propria arte. La stessa artista racconta infatti che la scelta dei motivi pittorici delle sue opere richiama le allucinazioni che ha avuto sin da bambina. La sua concezione dell’esistenza e dell’universo, la porta a farsi ritrarre accanto alle sue opere con indosso abiti monocromi o che ne richiamano le texture, per diventare parte dell’opera stessa e fondersi con l’infinito in essa rappresentato. Attraverso forme e tecniche molteplici l’artista può quindi esprimere ed esternare la propria interiorità complessa. L’arte assume un valore terapeutico per Kusama, che ha infatti dichiarato che se non fosse stato per l’arte si sarebbe tolta la vita già da molto tempo.
Questa straordinaria artista dimostra dunque di avere, non solo un ineguagliabile talento, ma anche una sorprendente consapevolezza di se stessa, tanto che nel 1973 decise di auto-ricoverarsi presso una clinica psichiatrica di Tokyo, vicino alla quale ha anche stabilito il suo studio, dove tutt’ora vive e lavora.
A lungo le sue opere sono state incomprese e non apprezzate, ma l’artista è sempre stata determinata a superare qualsiasi tipo di ostacolo, che fosse culturale, linguistico o sociale, pur di comunicare al mondo intero il proprio messaggio. Si racconta infatti che durante il suo primo giorno a New York sia salita in cima all’Empire State Building e guardando il panorama della città abbia realizzato che lì, in quella città, ce l’avrebbe fatta, avrebbe ottenuto quello che voleva.
E così infatti, dopo una lunga carriera ed un incessante lavoro, Yayoi Kusama è diventata la più grande artista giapponese vivente.
Vi lascio infine con due video in lingua inglese, che riassumono la vita e le opere dell’artista.
[youtube Wq0LXh3sais]
Il secondo è il trailer del video documentario “Kusama: Princess of Polka Dots“
[youtube 4RegxhTu748]
jona 10 Maggio 2010 il 10:14
complimenti Anna! bell’articolo, se non fosse stato per te, non avrei mai fatto conoscenza di un’artista di questo calibro…grazie! :happy:
rosciomanga 10 Maggio 2010 il 10:24
wowwa ha quasi 100 anni e lavora come un’abbestia incontrastata! � mejo lei
shishimaru 10 Maggio 2010 il 10:26
do ragione a jona! non la conoscevo! d’altronde,l’arte non � il mio forte.
kakao 10 Maggio 2010 il 12:13
poco tempo fa al pac di milano hanno fatto una mostra su di lei le ultime tre foto sono state fatte li…
davvero una grande artista peccato che in italia � conosciuta poco…
complimenti per l’articolo…
oltugedar 10 Maggio 2010 il 12:31
certo che l’arte moderna non la capir� mai.
oltugedar 10 Maggio 2010 il 12:34
cero che l’arte moderna non la capir� mai! :sick: :sick:
Sirrus 10 Maggio 2010 il 13:15
Io la conosco perch� ha lavorato a un progetto insieme a Peter Gabriel: un cd-rom interattivo intitolato “Eve”, che ha vinto alcuni premi.
Insieme a lei c’erano le opere di altri 3 artisti moderni. In ogni modo le sue opere sono abbastanza “particolari”, e il bello, in “Eve”, era che ci potevi interagire.
AnnaRecchia 10 Maggio 2010 il 14:00
Io l’ho conosciuta di recente perch� ho sentito parlare della mostra “I want to live forever” che si � tenuta al PAC di Milano a cui faceva riferimento kakao.
Mi ha subito affascinata e ho trovato molto interessante fare qualche ricerca su di lei per saperne di pi� :happy:
Sirrus 11 Maggio 2010 il 20:42
Il video “Lovetown” di Peter Gabriel � esplicitamente dedicato alla sua arte: http://www.youtube.com/watch?v=SMduX93av0I
Non storcete il naso: � un videoclip del 1994.
AnnaRecchia 11 Maggio 2010 il 21:42
Grazie mille per la segnalazione Sirrus 😆
Gilles 10 Maggio 2010 il 15:55
W LA CULTURA !
Asce 10 Maggio 2010 il 17:54
Per quanto io riesca a comprendere l’arte moderna, non capisco cosa Yayoi Kusama voglia comunicare
Morgana 11 Maggio 2010 il 00:33
Mi � piaciuta la sua mostra al P.A.C. di Milano. C’erano persone di tutti i tipi: stranieri, studenti, vecchietti, mamme con bambini. Finalmete una mostra d’arte contemporanea dove non c’� Cattelan o la Beecroft…
Ottimo articolo!!! Grazie!!
Jacques Mate 11 Maggio 2010 il 23:32
Da tempo il Pac trova un pubblico eterogeneo e riesce a raggruppare nelle sue mostre artisti molto validi: l’ultima mostra, sul tema dell’ ibrido, ne � la dimostrazione. Nonostante fosse collegata all’evento del MiArt le due iniziative sono state di calibro nettamente diverso e han ben poco di cui spartire tra loro…
Morgana 12 Maggio 2010 il 00:09
veramente l’evento era collegato all’anno del giappone promosso dal comune di Milano, comunque per quanto riguarda ibrido: mostra orrida….