Raccolta di racconti scritta dall’abile penna di Haruki Murakami. Racconti tutti diversi, con storie diverse, idee diverse e immagini diverse, ma che sono tutti accumunati da un evento: il tragico terremoto di Kobe del 1995. Sei racconti in cui l’autore spazia con la fantasia rimanendo sempre attaccato ai solidi drammi che condiscono ogni giorno la vita di tutti quanti. C’è l’uomo solo, mediocre e senza amici che deve salvare Tokyo assieme al signor Ranocchio(un ranocchio vero e proprio alto due metri). La ragazza che scappa di casa e rimane affascinata dai falò sulla spiaggia. Una donna che, grazie alla Tailandia, riesce a non pensare a cosa le fece il suo compagno molti anni prima. Un gruppo di amici si ritrova, grazie al perenne binomio amore-bugie, a dover affrontare la vita come una famiglia. Un ragazzo orfano di padre, nella ricerca del genitore perduto ritrova la fede. Un uomo, abbandonato dalla moglie, si ritrova fuori dal suo mondo. Questi, in sintesi, i sei racconti, molto brevi, che macchiano le pagine del libro. Lo stile narrativo di Murakami è inconfondibile, almeno per me. In ogni racconto riesce ad infilare immagini di sesso, religione e pazzia senza che il lettore venga disturbato da argomenti tanto crudi. Il terremoto fa sì da sfondo ai sei racconti, ma non vi aspettate che abbia un peso così determinante. O almeno io non ce l’ho trovato. Un libro che definirei una lettura da spiaggia: leggero, breve, poco intenso e soprattutto preciso. Scritto con mano esperta, da chi, nelle sue opere butta tutto se stesso, questo libro si presta alla lettura più spensierata, senza ricorrere a doti mentali straordinarie per ricordare ogni minimo aspetto della trama; merito anche del fatto di essere diviso in racconti brevissimi. Deve essere letto solo come libro di passaggio da un grande romanzo ad un altro, perché, ripeto, questo libro riesce a rilassare la mente, senza farla incorrere in balzi mentali esagerati. Unica, grande nota negativa il prezzo. Quasi 10 euro per un libricino simile sono troppi. Capisco benissimo chi, in libreria, quando si ritroverà davanti questo piccolo volume, vedendo quel 9,50 euro sul retro della copertina, potrebbe storcere il naso. Pensate che il mio naso mi è arrivato vicino all’orecchio destro a forza di storcerlo!
Inserisco due passi che mi hanno molto colpito, il primo è tratto dal racconto “Thailandia”, mentre il secondo è preso da “Paesaggio con ferro da stiro”.
[…Lei è una bella persona, dottoressa. Forte, e dalle idee chiare. Ma sembra che si trascini sempre un peso nel cuore. E’ tempo che lei cominci a prepararsi per affrontare la morte con dolcezza. Se lei continuerà a investire troppe energie solo nel vivere, non riuscirà a morire bene. Un poco alla volta è necessario fare questo cambiamento. In un certo senso vivere e morire si equivalgono, dottoressa…]
[…E’ un sogno che si ripete infinite volte. Sogno di morire con terribile lentezza, dimenandomi e soffrendo nel buio più totale. Mi sveglio in piena notte, inzuppato di sudore. Ma il sogno non è finito. E’ questa la cosa più terrificante. Dopo essermi svegliato, ho la gola completamente secca. Allora vado in cucina e apro la porta del frigorifero. Naturalmente, siccome a casa non ho il frigorifero, dovrei capire subito che sto ancora sognando. Invece non me ne rendo conto. Penso solo che è strano, e lo apro. E dentro il frigorifero è tutto buio. La luce è spenta. Credendo che è andata via la corrente, metto dentro la testa. E allora dall’interno del frigorifero si allunga verso di me una mano che mi afferra per la nuca. E’ la mano gelata di un morto. La mano mi afferra il collo e con una forza incredibile mi trascina dentro il frigorifero. Io lancio un urlo terribile, e solo a questo punto finalmente mi sveglio davvero. Questo è il sogno. Ed è sempre sempre lo stesso. In tutti i particolari, dal primo all’ultimo. E ciononostante ogni volta mi terrorrizza sempre allo stesso modo…]