Il più cattivo tra tutti, pericoloso più dei nemici che continuamente spazza via dalla faccia della Terra, interessato solo a salvaguardare il suo harem (leggi: tutte le donne del mondo), l’anti-eroe per eccellenza degli shonen manga: è arrivato il momento di parlare di un vecchio manga molto discusso. Nel senso che in tanti non sono d’accordo su dove collocarlo, ma molti perdono di vista il fatto che quando gruppi di persone discutono non pensano di farlo per un nonnulla. Nel 1988 arriva su Weekly Shonen Jump Dark Schneider, il malvagio protagonista di Bastard!!, disegnato dal folle, quasi privo di qualunque etica professionale Kazushi Hagiwara. Autore così immorale da aver presentato Naoko Takeuchi al suo amico Yoshihiro Togashi (leggetevi Bastard!! e capirete alcuni aspetti del personaggio di Hisoka). Ancora oggi penso che Hagiwara era destinato a disegnare questo manga, dopo essere stato assistente di Matsumoto (Kimagure Orange Road) e Takeshi Okazaki (Elementalors)… che soggetto…
Quando si parla di Bastard!! si finisce sempre per avere a che fare con due tipi di persone: un primo che esalta lo sprizzante stile narrativo dell’autore, gli elementi shonen parodistici presentati con tutta la forza d’impatto possibile, la “trama” che sebbene inconsistente richiama alla memoria dei lettori tanti piccoli elementi che fanno tutti parte dell’universo fantasy e post-apocalittico, combinati con la musica metal (up the Irons! ndRegola); un secondo gruppo che invece vede solo perversione, volgarità, un prodotto ributtante privo di qualunque ragion d’essere senza nessuna consistenza logica in cui tutti gli elementi vengono sputati a casaccio sulla carta. Il problema, nella mia personale visione, è che hanno ragione entrambi i gruppi. Oppure, se volete, hanno torto entrambi.
Bastard!! è il manga degli estremi, dell’assoluta infrazione di ogni limite imponibile agli autori, e come tale è volutamente esagerato, caricaturale e offensivo, eppure ci ricorda per contrasto che tante volte l’aspetto principale, il divertimento, viene un po’ messo da parte dalla tendenza a prendere tutto troppo sul serio… o da quella di non prendere niente seriamente. Bastard!! è quel manga necessario in ogni epoca per permettere al lettore di estraniarsi e osservare da prospettive diverse le tante cose che dava per scontate negli shonen manga e che gli ronzavano nella testa fino a qualche minuto prima. È così che assistiamo a tavole che non avranno un senso per il lettore in cerca di ortodossia, ma che incarnano una valida variazione del linguaggio shonen: come quelle volte in cui Dark, tronfio del suo potere, è conscio di uscirne vittorioso per il solo fatto di essere il protagonista; oppure quando appaiono armi segrete e potentissime che possono essere usate soltanto una volta perchè, come tutti sappiamo, in un manga lo stesso trucco non funziona due volte. E questo manga, con tinte ecchi che a momenti sfonda certi limiti trasformandosi in un hentai vero e proprio, usciva su Weekly Shonen Jump della “bigotta” Shueisha, a testimone del fatto che nemmeno loro si prendevano troppo sul serio (successivamente è stato spostato su Ultra). Rilassarsi, a volte, comporta la necessità di spegnere il cervello.
Poi, il fatto che a un certo punto quel pazzerello di Hagiwara prenda la strada della totale, assoluta inconclusività, nessuno può negarlo, neppure i fan, eppure ciononostante tale autore mi pare tutto fuorchè un idiota. I lettori, gli appassionati, i fan… saranno quelli che sempre ti perdoneranno e ti capiranno indipendentemente da quante batoste si ritroveranno a subire. Per quanto mi riguarda, durante il secondo arco narrativo ho cominciato a perdere la capacità di seguire Hagiwara (ritengo avesse già espresso pienamente il suo singolare messaggio) e riconosco che per le tutte le ragioni elencate, nonostante il manga esca ma con una periodicità che non sta nè in cielo nè in terra, ci siano ancora lettori che sperano in un ravvedimento dell’autore e il ritorno del manga ai suoi antichi fasti, ma sono sempre stato dell’idea che sia impossibile per un autore tornare indietro nel percorso che contraddistingue la sua carriera. Farlo vorrebbe dire ammettere la sconfitta.
Passiamo oltre, al 1989, anno in cui iniziava una delle opere più note tra quelle nate dall’intersezione del mondo del fumetto con quello dei videogiochi: in quell’anno, disegnato da Koji Inada e sceneggiato dalla coppia Riku Sanjo&Yuji Horii dello Studio Bird (creato da Toriyama) usciva sempre su Weekly Shonen Jump Dai la Grande Avventura (Dragon Quest – Dai no Daibouken). Ritengo che sia importante conoscere alcuni aspetti dell’universo Dragon Quest per le svariate influenze che il gioco della Enix (oggi Square Enix… al sottoscritto, videogiocatore di vecchia data, suona come un ossimoro), prodotto per NES nel 1986, ha avuto su alcuni autori attualmente in attività; senza dimenticare il contributo dato da Toriyama come designer, a ricordarci che un fumettista non è necessariamente condannato a fare solo fumetti. Soprattutto perche Yuji Horii è anche il creatore di molti videogiochi, è il papà di tutti i Dragon Quest e del primo romanzo grafico creato per console (Portopia Serial Murder Case, 1983); come se non bastasse costui ha anche supervisionato Chrono Trigger. Sebbene Dragon Quest sia stato meno fortunato in Occidente rispetto a un altro titolo, Final Fantasy, dal punto di vista del mondo dei manga la sua eredità è ancora molto forte, anche considerando che il solo Dai è durato sette anni (quindi fino al 1996).
In Dai è possibile ritrovare tutti gli elementi tipici dei Dragon Quest, come i mostri che popolano questo mondo e le varie abilità che i personaggi possiedono, ma come saga si distacca da quella videoludica procedendo in maniera indipendente rispetto a un filone principale strutturatosi gioco dopo gioco. Il protagonista, il giovane Dai, è un ragazzino cresciuto su un’isola popolata da mostri pacifici che si ritrova improvvisamente coinvolto nell’eterna lotta fra le forze del bene e quelle del male, e per fare questo prenderà il posto del suo maestro Aban, il quale si sacrificherà nella prima parte della storia per salvargli la vita; stringerà amicizia con svariate persone che diventeranno i suoi compagni sulla strada che lo porterà a diventare un prode e affrontare le sue oscure origini. Ognuno dei personaggi principali della saga è legato a una classe esistente realmente nel mondo di Dragon Quest, e ciascuna di queste è contraddistinta da abilità speciali: Pop, il debole, eppure coraggioso (il mio personaggio preferito), miglior amico del protagonista è un mago; Maam è una chierica in possesso di una pistola in grado di sparare proiettili precedentemente caricati con incantesimi offensivi; Hyunkel è uno spadaccino vero e proprio, incapace di usare incantesimi ma dotato di un’armatura che gli concede una certa resistenza alla magia. Nell’universo Dragon Quest i protagonisti, chiamati anche prodi cavalieri, tendono a focalizzarsi sull’arte della spada, su alcune magie offensive (sono gli unici a poter usare le formule legate al fulmine) e difensive: hanno inoltre accesso a incantesimi esclusivi che possono usare in quanto predestinati a tale ruolo dal destino, o dai legami di sangue. Dai, inoltre, possiede svariate abilità personali dovute alle sue misteriose origini (che vengono rivelate abbastanza presto, nel manga).
La magia in Dragon Quest è utilizzabile grazie al mana, l’energia magica che aumenta con l’esperienza, l’allenamento e la meditazione (salendo di livello, in pratica); i maghi sono in grado di usare le varie magie semplicemente pronunciandone il nome, senza alcuna formula magica, purchè siano in possesso di tale incantesimo ottenuto attraverso quello che viene chiamato “contratto” (nel manga viene mostrato solo quando Pop studia l’incantesimo Ranalion, che richiama la pioggia). Questi incantesimi, poi, chiamati semplicemente “formule“, vengono raggruppati in cerchi specifici, in cui il primo che viene appreso è sempre la forma più basilare: i maghi, per esempio, specializzandosi in incantesimi offensivi acquistano spesso l’accesso alle magie del cerchio Mera, che permette di usare sfere di fiamme. Con l’aumento di livello diventano accessibili le formule più avanzate, in questo caso Merami e Merazooma, che sono in pratica sfere di fuoco più grandi e potenti. Sebbene i maghi si specializzino nell’apprendimento di incantesimi offensivi possono imparare alcuni incantesimi difensivi, allo stesso modo i chierici possono dotarsi di magie d’attacco; è la classe di appartenenza a imporre limiti e determinare quale tipo di cerchi si potranno padroneggiare pienamente; i saggi sono gli unici che riescono a padroneggiare tutti i tipi di formule e cerchi, ma non hanno comunque accesso a quelle dei prodi. La logica delle formule è molto semplice: più il nome dell’incantesimo è complesso, più è potente e difficile da acquisire, eccovi qualche esempio:
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Cerchio della guarigione: Hoimi, Behoimi, Behoma (che fa recuperare anche dalla stanchezza), Behomazun;
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Cerchio dell’esplosione: Io, Iora, Ionazun, Iogurande (questa versione non ho nemmeno idea di come si manifesti, essendo Ionazun uno degli incantesimi più devastanti fra quelli usati nei vari manga DQ);
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Cerchio del fulmine, utilizzabili solo da prodi cavalieri: Raideen, Gigadeen, Minadeen
Esistono inoltre molteplici formule talmente specifiche che spesso nel manga non vengono utilizzate; alcune invece cominceranno a essere usate molto avanti dai personaggi, come Luula, che permette di teletrasportarsi in una locazione già visitata; Baikirt, che aumenta l’efficacia degli attacchi di tutti i propri compagni; o Astolon, una magia esclusiva dei prodi che permette di trasformare in acciaio se stessi o un gruppo di persone nullificando qualunque danno si stia per subire (ma impedendo anche qualunque movimento). Ce ne sono tante, come potete immaginare, e molte di queste sono state utilizzate nel manga, mentre altre vengono nominate, ignorate o modificate in base alla situazione o alle necessità narrative. Tenete presente tutto questo per quando affronteremo un altro manga del filone Dragon Quest, tra qualche settimana. Ma Dai è anche un manga di spadaccini, sebbene anche l’arte della scherma qui presentata possa essere semplicemente ridotta a una lista di colpi specifici e al possesso di armi speciali che aggiungono effetti specifici ai proprio attacchi (come quando Dai utilizza un’arma creata per “infliggere maggiore danno” a draghi e affini). Tutto questo, comunque, serve da contorno a quella che è la vicenda principale, una vera e propria epopea fantasy che segue il protagonista dalle sue origini fino alla sua battaglia finale, segnata dalla comparsa di svariati personaggi che hanno indubbiamente affascinato i lettori di quegli anni, cosa che ha portato gli autori a tenerseli stretti: soprattutto perchè in un universo fantasy nel senso più stretto del termine (cavalieri, draghi e principesse da salvare, per intenderci) è abbastanza facile dare spazio a miracoli che possono salvare o ridare la vita. Si tratta di aspetti che non vengono eccessivamente abusati in questo manga, che alla resurrezione preferisce mille volte la “morte scampata“… ironicamente, quasi sempre degli stessi personaggi. Come se la recidività alla sopravvivenza fosse una specifica caratteristica che alcuni possiedono e altri no.
Caratterizzato da una lunghezza non eccessiva, e una trama semplice ma ben strutturata, Dai è un manga che ho sempre apprezzato anche per la sua capacità di non essersi lasciato influenzare dall’ambiente in cui è nato: sarebbe, per certi versi, stato molto facile produrre un clone cappa e spada di Dragon Ball, ma gli autori sono riusciti a dare all’opera vita propria, sebbene alcune influenze dello shonen tiranno siano riscontrabili in alcuni frammenti. Come quando alcuni personaggi non possono fare altro che guardare e commentare, cosa che comunque non accade sempre data l’influenza che Saint Seiya ha indubbiamente avuto sugli autori, evidente quando assistiamo a scene in cui i personaggi, in un’estasi di cocciutaggine e orgoglio, sono disposti a sacrificare se stessi pur di raggiungere il loro scopo (recuperando visibilità nella trama).
Dai è facilmente recuperabile e leggibile in italiano, poichè è stato pubblicato da Star Comics tra il 1997 e il 2002; si tratta comunque di un manga terminato “a fatica” dati gli scarsi dati di vendita nella nostra penisola (ma c’è un blogger di Komixjam che l’ha apprezzato al punto tale da averlo comprato tutto e riposto in robuste buste di plastica che mai verranno aperte) e il tentativo di rendere la serie popolare attraverso la trasmissione dell’anime è miserabilmente fallito (prima su Junior Tv nel 1998 adattata alla meno peggio, e poi censurata e scombinata su Italia 1 nel 2002). La ricezione della serie anime è stata una delle peggiori di sempre, anche per la discutibile qualità del prodotto e il fatto l’anime stesso adatta in malo modo solo un terzo del manga.
Anche quest’appuntamento è giunto al termine, non mi resta che salutarvi e lasciarvi alla solita anticipazione, a volte chiara e altre volte enigmatica… nel prossimo appuntamento, che sicuramente sarà nel 2013, usciremo un’altra volta dalla Shueisha per parlare di due amici-nemici, uniti dal destino per affrontare il nemico più oscuro e feroce si sia mai visto nella storia degli shonen manga.
Ciampax 22 Dicembre 2013 il 20:15
Ci sono 2 blogger che hanno comprato DAI e risposto in buste di plastica! Bell’articolo come sempre!
Regola 22 Dicembre 2013 il 20:20
Dovevo immaginarlo che lo avevi preso anche tu.
Humpty Dumpty 14 Agosto 2015 il 22:56
Nell’articolo hai citato Elementalors di Okazaki, da sempre uno dei miei preferiti di cui ho la vecchia, ed unica, edizione della panini.
In futuro ci sarà un’articolo su Komixjam riguardo questo splendido manga fantasy?
aras allenaz 22 Dicembre 2013 il 22:32
Come al solito, complimenti all’autore dell’articolo, sempre molto esauriente e preciso.
Finalmente una “recensione” che rende giustizia a Dai no daibouken. Questo manga � davvero bello e completo, � la summa dei concetti di avventura e crescita.
Anche io l’ho recuperato tutto, ma non l’ho chiuso in buste di plastica xD
Morzan 23 Dicembre 2013 il 10:44
Bastard!! � stato il secondo manga che io abbia mai comprato/letto (il primo ovviamente era dragonball) e rimarr� sempre uno dei miei favoriti, almeno prima del grande calo attorno al volume 17 (dopo � illeggibile).
Dragon Dai lo comprai da piccolo e poco tempo dopo lo buttai nel pattume, tanto per dire quanto mi era piaciuto.
gre0062 24 Dicembre 2013 il 01:25
Davvero complimenti per l’articolo, vi leggo sempre ed apprezzo molto il lavoro che fate per tutti noi lettori. Devo dire che sono rimasto piacevolmente sorpreso nel vedere proposti questi due titoli, visto che posso dire di essere cresciuto con entrambe. Bastard! (che leggevo a scrocco da un amico mi ha davvero emozionato fin dalle prime battute, per poi andarsi a perdere in cavolate simil apocalisse dove non si capisce davvero pi� nulla. Dai La grande avventura invece � stato il successore di Dragon Ball nelle mie letture shonen, c’�ra davvero un p� di tutto e la storia seppur con qualche forzatura mi ha davvero appassionato parecchio fino alla fine. Se ci sar� l’occasione lascer� ancora qualche commento ai tuoi interessantissimi articoli. ps i miei volumetti di Dai non sono imbustati ma al completo e ben riposti 🙂
ichigo_rulez 24 Dicembre 2013 il 11:55
Complimenti per l’articolo, come al solito. Dai l’ho apprezzato moltissimo, ma non in maniera esagerata 🙂 Di bastard! invece ho letto l’inizio, fino a qualcosa meno del 100esimo capitolo, poi sono slittato su altri manga. Ma dopo questo articolo credo che presto lo “rispolverer�” XD
Cherub 24 Dicembre 2013 il 14:57
Che piacere leggere di Dai nella tua prospettiva storica.
Ho avuto l’occasione di rileggerlo d’un fiato un anno fa, dopo quasi 10 anni dalla pubblicazione della Star.
Che ricordi!
I primi 22 volumi hanno una scorrevolezza eccezionale, una trama semplice ma strategica al punto giusto.
Dopo l’introduzione degli scacchi di olihargon, a mio parere, l’opera perde parecchi degli elementi che la rendevano speciale.
Come hai evidenziato, pi� si va avanti, pi� i personaggi (anche forti, come Crocodyne o Hyunkel) rimangono a spesso spettatori.
Si perde quella strategia genuina (la mera toglie ossigeno, cos� il mostro apre la bocca per respirare meglio, cos� Chu e Pop recuperano Dai … ) in vece di tecniche di potenza come Medroa o Giga Strash.
Una deriva forse tipica negli Shounen.
Mi ricorda molto la situazione di Naruto, dove si passa da Shikamaru che blocca la tipa dei ventagli e si arrende, a i Biju che distruggono le montagne con un rutto.
In ogni caso, la conversione (e ribellione) di Hadler, lunga una ventina di volumetti, � a mio avviso una delle pi� riuscite in ambito Shounen.
Humpty Dumpty 14 Agosto 2015 il 22:28
Bastard!! uno dei manga simbolo di fine anni 80 e una delle più grandi delusioni per come è andato a finire (almeno per me ma leggendo l’articolo sembra che non sia l’unico ;))
Iniziato bene ma finito forse nel peggiore dei modi con interi numeri in cui non si arrivava assolutamente a nulla e soprattutto non spiegavano quasi niente di tutta la carne al fuoco della trama…. Ancora forse qualcuno spera che Hagiwara rinsavisca e dia un finale adeguato alla sua opera? io invece ci ho rinunciato da anni e ormai non mi interessa neanche più.
Dai la grande avventura fu pubblicato dalla Star comics subito dopo la fine di Dragon Ball e lanciato come il suo erede, cosa vera solo in parte visto che tratta un mondo completamente diverso e di similitudini ne ha solo con il tono di molti personaggi e nulla di più.
E’ uno di quei manga che ho apprezzato a metà, perchè metteva su una storia intrigante ma non riusciva a sfruttarla appieno e molti personaggi mi risultavano eccessivamente caricaturali.
Dello stesso autore ho sempre preferito Beet the vandel buster che purtroppo è fermo anche in Giappone.