La scorsa settimana abbiamo visto il drammatico e concitato epilogo di Shiki e ora congediamo questa serie con qualche piccola considerazione che potrà essere utile anche a chi non ha seguito con noi l’anime ma volesse farsene comunque un’idea. La scelta di portare Shiki su Komixjam è dovuta al fatto che era mia intenzione proporre un genere nuovo e non ancora esplorato su questo blog con i fansub. È stato così che anche l’horror ha avuto il suo spazio settimanale con Shiki, nonostante sia un genere che non amo molto in sé.
Avverto che dovendo parlare globalmente dell’opera qualche spoiler potregge sfuggire.
Riassumendo brevemente, l’opera nasce come serie di light novel di Fuyumi Ono adattata prima in un manga, edito in Italia da Star Comics, e poi nell’anime che abbiamo seguito, la cui storia si colloca nel villaggio montano di Sotoba dove iniziano una serie di morti misteriose, che, però, scopriremo sono da ricondurre agli shiki, esseri del tutto simili a vampiri ed intenzionati a stabilire lì una propria colonia. Come spesso accade per gli horror la trama non è di certo il punto di forza di una serie che non propone nulla di innovativo nel genere horror e vampiresco, anzi attinge a piene mani ai più classici degli stereotipi del genere senza però risultare fastidioso o pedante. Nonostante la trama sia abbastanza lineare e chiara sin dalle prime battute, non manca qualche colpo di scena, prevedibile se si guarda con attenzione la serie, ma comunque non troppo forzati: i ruoli e la gerarchia all’interno della famiglia Kirishiki o la figura del monaco buddhista Seishin sono due esempi lampanti.
A fronte di una trama non troppo impressionante gli elementi che invece caratterizzano meglio questa serie sono l’eccellente ed eccentrico comparto grafico e la coralità della tragedia rappresentata. Alla fine della serie è quasi possibile riconoscere ad occhio i vari abitanti del villaggio inquadrati: ognuno ha avuto direttamente o tramite un proprio familiare il suo momento di protagonismo, i suoi proverbiali 15 minuti di fama, in cui chi ha realizzato l’anime ha cercato di delinearne la peculiarità psicologica. Per lunga parte della serie infatti la causa delle morti, a noi evidente sin dalla prima puntata, sin dalla prima immagine di due piccoli buchi sul braccio di una vittima, resta oscura ai personaggi facendo dunque in modo che per molti episodi la narrazione si concentri soprattutto sul modo di agire degli abitanti nella loro quotidianità non ancora sconvolta dagli eventi.
Ma anche quando la morte inizia a dilagare e preoccupare la popolazione è interessante notare come nelle vicende dei singoli personaggi i continui decessi restino una sorta di fattore esterno naturale, accettato come lo potrebbe essere un’acquazzone in piena estate e lasciando dunque a quelli che dovrebbero essere gli elementi portanti della storia horror una funzione di mero sfondo che aiuta però a focalizzare e dare rilievo all’introspezione dei singolo personaggio, nonostante i ruoli rappresentati siano tutti abbastanza stereotipati. Abbiamo Toru che è il ragazzo socievole e simpatico, Masao il bambino bisognoso di attenzioni, Megumi la ragazzina che sogna di evadere la propria realtà, Toshio il dottore che sente forte il dovere di proteggere gli altri, insomma tutti atteggiamenti che sanno di già visto ma che diventano interessanti nel momento in cui si estremizzano messi a contatto con una situazione che è di per sè estrema. La gentilezza di Toru diventa un dilemma esistenziale quando si vedrà costretto ad uccidere per sopravvivere, l’infantile bisogno di protagonismo di Masao che non solo non cessa ma si esalta persino di fronte alla Morte, il senso di non appartenenza a quella realtà di Megumi che diventa poi un vero e proprio odio e voglia di distruzione della stessa ed infine Toshio che non solo fa di tutto come dottore ma si erge poi anche ad eroe salvatore (un po’ come Jack in Lost).
In realtà ciascun personaggio meriterebbe un discorso a parte: Toshio, Seishin, Natsuno, Sunako ecc. sono tutti mossi da un passato, da un modo di essere che in questi drammatici episodi vengono fuori con forza e si mostrano con chiarezza anche a chi magari ne aveva scarsa consapevolezza, come nel caso del monaco buddhista Seishin, per cui fare un discorso generico non rende piena giustizia a quanto raccontato nell’anime. Allo stesso tempo però, se mi è concesso, per i miei gusti l’introspezione e il tentativo di dare spiegazioni al modo di fare e pensare dei personaggi risulta in molti casi, anche quando si tratta dei “protagonisti”, tutto molto forzato. Nel tentativo di dare voce a quanti più personaggi possibile credo si finisca per peccare un po’ di superficialità troppo spesso nella costruzione dei personaggi. Ho apprezzato caratterizzazioni come quelle di Natsuno, Sunako, Toshio e Megumi, ma se prendiamo invece Seishin, suo padre, il padre di Natsuno, gli abitanti del villaggio che tentano di comportarsi da razionalisti, questi finiscono in realtà per sembrare forzature utili ai fini della trama e nulla più.
Ho tenuto a sottolineare più volte in questa breve recensione il carattere stereotipato dei personaggi, il loro sembrare attori che recitano un ruolo perché credo che in fondo si sia trattato di una scelta consapevole da parte degli autori: il tema principale resta infatti il ruolo, il posto che il destino ci affida in questa vita e il modo in cui questo ruolo viene poi accettato dalla società e soprattutto da noi stessi. Un tema centrale che però ha poi varie declinazioni a seconda dei vari soggetti: Natsuno respinge con forza ogni ruolo che sente come imposto, Seishin trasforma il rifiuto di un ruolo che sente di non aver scelto in rifiuto della vita in sé, Sunako, invece, che sente di non avere più un ruolo, di essere stata “dimenticata da Dio” e cerca in tutti i modi di ricrearsi un proprio spazio. Tutti devono affrontare un destino che ha assegnato loro una parte da interpretare, scegliendola al loro posto e nella quale però molti si trovano scomodi.
Nel complesso si tratta quindi di una buona serie, con un buon potenziale che poteva comunque essere sfruttato meglio. Anche se catalogabile come horror, di spaventoso c’è ben poco e di certo l’intento non era quello di suscitare paura: l’horror resta un pretesto per raccontare chi respinge o comunque è respinto dalla realtà: una sorta di alienazione dalla collettività, dall’insieme degli esseri umani che trova la sua migliore rappresentazione nel sovrannaturale, nella “razza” degli shiki appunto, esseri del tutto umani ma allo stesso tempo mostri, “persone” emarginate e private dell’umanità dalla loro natura e dal giudizio delle persone “umane”.
Ringraziamo un’ultima volta i Freedom per averci fornito gli episodi sottotitolati in italiano ricordando che oltre ai 22 episodi che vi abbiamo presentato esistono altri due special che aiutano a capire qualche dettaglio sospeso della trama.
Sted 29 Settembre 2011 il 01:37
Non posso che essere pienamente d’accordo con quanto detto nell’articolo. Ho avuto le medesime impressioni riguardo questa serie, che mi sono ritrovato a seguire fedelmente, senza quasi capire il perch�.
Infatti, la trama non presenta nulla di innovativo che possa stregare di primo acchito, ma alcune caratteristiche la rendono un buon prodotto.
Lo stile grafico (che personalmente trovo molto stimolante) unito ad una narrazione che cerca di concertare una pluralit� di personaggi come si vede raramente, incuriosisce ed attrae (me per lo meno).
Certo, l’ovviet� della trama di fondo, in alcuni punti, fa calare leggermente l’interesse.
In ogni caso una buona serie che consiglio.
Un appunto: il manga in Italia � edito da Star Comics
shikaku 29 Settembre 2011 il 11:38
Grazie, ho aggiustato 😉
A me la prima cosa che colp� di questa serie, prima che iniziassi a seguirla fu il character design: la sfilata delle acconciature e dei vistiti pi� assurdi e improbabili mai visti…e questo nonostante si tratti di un anime XD
Sted 29 Settembre 2011 il 12:04
Anch’io..vidi il trailer incentrato su Megumi, e il suo character design mi colp� molto, insieme alla qualit� delle animazioni, che ritengo molto adatte ad un anime horror.
Motkava 14 Settembre 2016 il 02:27
Scusate ma alla ultimo episodio la ragazza che muore per ultima (quella con i capelli rosa) viene schiacciata dal trattore poi nei titoli di coda viene mostrata con il paletto sulla schiena invece che a pancia in su verso il basso perché? ?
Motkava 14 Settembre 2016 il 02:28
Oltre che con la testa