Terzo appuntamento con Riflettori su… e con Shakugan no Shana, che dal titolo potete intuire che è anche quello conclusivo. Lo so, fa uno strano effetto anche al sottoscritto parlare di cose che considero di qualità il mercoledì, ma le abitudini sono il male e bisogna saperle sconfiggere. Gli Inguardabili, mia croce e delizia, tornano mercoledì prossimo, e i prossimi due titoli vi anticipo che saranno particolarmente interessanti: ho preso un biglietto per il Nicaragua, per precauzione. Vi lascio il solito “spoiler alert“, se non avete visto la serie vi consiglio di tornare sulle mie riflessioni successivamente, per il resto… buona lettura! (N.B.: dai prossimi appuntamenti con Riflettori su… ho deciso di strutturare le trattazioni in modo che il primo articolo di ogni titolo non contenga elementi spoiler.)
Ebbi modo d’introdurre la questione nella prima parte, e ci ritorno per meglio approfondirla per il semplice fatto ritengo sia ricca di spunti per analisi. Rinnovo l’appello, a costo di essere ripetitivo o banale: il fatto che una serie possa non piacere non vuol dire che sia anche un prodotto di scarsa qualità, o comunque non degno d’attenzione. Nessuno è mai morto ammettendo che un prodotto non gradito sia comunque curato, o ben studiato. Così, nei mesi precedenti ho visto titoli come Shakugan no Shana III (Final), Gurenn Lagann, Sword Art Online, Puella Magi Madoka Magica, Hyouka e Jojo the Animation 2012 bistrattati solo perchè non conformi a “determinati” standard di qualità e aspettative… ora, prima ancora di essere un recensore io sono innanzitutto un appassionato di animazione e fumetto giapponese, e uso spesso l’espressione “standard minimi di qualità” (come ben sa chi segue la mia rubrica de Gli Inguardabili) ma se c’è una cosa che ho imparato in oltre vent’anni è che tutte le storie meritano di essere raccontate, che riscuotano successo è tutta un’altra questione. Invece mi guardo intorno e mi confronto con opinioni che mi fanno sembrare un’entusiasta ottimista senza speranza: il problema è che oggigiorno il pubblico si aspetta troppo o non si aspetta proprio niente. È un problema di giuste misure quindi: sono cartoni animati, dannazione, per giunta prodotti per una popolazione che rispetto a quella globale è una minuta minoranza. Le nostre opinioni riguardo ad anime e manga saranno sempre fini a se stesse, non influenzeranno mai un bel niente perchè il mercato giapponese ci calcola solo quando un titolo è già di successo (e siamo noi ad andare a cercarceli, il più delle volte).
Chi ha visto la terza serie di Shakugan no Shana può meglio afferrare questo discorso, perchè sceneggiatore e regista hanno deciso di prendere una strada col rischio dell’impopolarità: hanno distrutto uno status quo, deciso di portare avanti una storia stravolgendo tutti gli intrecci e tutte le relazioni tra i personaggi. Hanno fatto qualcosa che in pochissimi hanno avuto il coraggio di fare. Sakai Yuji, il protagonista, diventa il capo dei cattivi e inizia a combattere contro la protagonista femminile, Shana, allo scopo di mettere la parola fine a un millenario conflitto e dare l’inizio a una nuova era: questo attraverso la creazione di un nuovo mondo, una Terra Promessa per i Tomogara…
Credo che il senso stesso della terza serie, e quindi per certi versi di tutta la saga, possa essere sintetizzato analizzando il nome che Lamies, alla fine della terza serie, sceglie per identificare i Metodi Illimitati (in pratica gli incantesimi) di Sakai Yuji: Grammatica. È opportuno sottolineare che si tratta di una forma di potere che ha avuto origine con Yuji, non dipendente dalla sua fusione con il Sairei no Hebi, entità a capo del Bal Masquè. La grammatica, riferito al linguaggio, è l’insieme di norme costituite e condivise che permettono sia l’organizzazione che la condivisione del pensiero, tutti gli enunciati (una volta padroneggiate queste norme) possono essere scomposti, analizzati, e ricomposti; gli incantesimi stessi di Yuji (dalle informazioni che derivano dalla light novel, più che dall’anime) consistono nella creazione di nuovi Metodi Illimitati attraverso l’osservazione e la ricomposizione di quelli già esistenti. Questo vuol semplicemente dire che la soluzione cercata e creata da Yuji ha origine dalle sue esperienze e le cose che ha osservato nelle prime due serie stando al fianco di Shana; resosi conto dell’inesistenza di una soluzione definitiva alla guerra tra Flame Haze e i Tomogara decide di puntare tutto sull’innovazione… cerca una soluzione che possa mettere tutti d’accordo, rendere felici le persone intorno a lui tranne se stesso. È ironico come Yuji dimentichi che come tutti i suoi sforzi siano in qualche modo validati dall’operato di molti e scelga una via solitaria in cui probabilmente la sua Grammatica risulterebbe sterile e inutile: sono Shana e il Mystes Johann (il creatore del Reiji Maigo) a ricordargli che sebbene sia la parola a permettere alle persone di comprendersi, a unirle non è la ragione, bensì l’Amore, che è poi la risposta e la strada scelta da Shana stessa. Perdonatemi, ma non posso fare a meno di pensare che basti questo piccolo (ma significativo) concetto per arricchire enormemente la saga e rendere valida la terza serie.
Credo di non poter chiudere in modo migliore di questo. Ringrazio come sempre coloro che hanno la pazienza di seguirmi, per Riflettori su… ci rivediamo il mese prossimo dove inizierò la trattazione di un titolo abbastanza controverso, contorto, eppure allo stesso tempo molto semplice: Medaka Box. Nel frattempo vi saluto con Beam of Light (Koubou), di Mami Kawada, usata come sigla di chiusura dell’ultimo episodio della terza serie.
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