E’ passato del tempo dall’ultima serie di anteprime che vi abbiamo proposto, ma oggi la J-Pop esce in fumetteria col suo materiale e, nel mezzo, ci sono alcune nuove uscite. Martedì Regola vi ha parlato di Sunny, io oggi vi parlerò di un altro numero uno: Nina Stardust di Satoshi Fukushima. Una serie che ho scoperto, con mio gran stupore, essere composta di tre volumi e tutt’oggi in corso. Capirete il mio stupore al termine della recensione, quindi inizierei.
Trama: il genere in cui è inserito Nina Stardust è “fantascienza”. Regola, nell’articolo su Divergence Eve, ha accennato come la fantascienza recentemente sia sempre più “scienza” e meno “fanta(sia)”, cosa che qui però non accade. Siamo in un ipotetico futuro sulla Terra. Se non fosse per sole, luna e alberi parlanti si direbbe il classico ambiente futuristico con mezzi di trasporto a levitazione e robot (da combattimento e da “sfruttamento”). La fantasia non sta tanto nel sole che ti dice buongiorno, ma nell’idea che lo spazio sia come popolato da banchi di pesci (simili ai giganteschi esemplari preistorici che si trovano fossilizzati) e che questi abbiano l’interno del loro stomaco/bocca arredato con tutti i generi di prima necessità per un viaggio nello spazio. Questo genere di trovate possono piacere o non piacere; possono addirittura confondere il lettore quando è accostato a delle idee narrative che sembrano molto logiche, sensate e pragmatiche. Un’idea su tutte è l’apprensione del protagonista robot che si affanna a cercare una batteria per poter andare avanti “a vivere”. I robot di per sé non muoiono, ma ogni volta che gli si scarica la batteria perdono tutti i ricordi e cadono in una sorta di sonno/coma fino a che un’anima caritatevole non gli sostituisce la batteria scarica. Io sono una persona pragmatica, ma non per questo le idee più astruse mi schifano. Guardo con simpatia e un po’ di condiscendenza a queste cose per vedere dove la trama vera abbia intenzione di andare a parare. Sono poche le cose che, quando leggo un manga, mi danno davvero fastidio. Generalmente è quando vengono sbagliate le nozioni base note ai più come che l’acqua spegne un fuoco e non lo alimenta. Per quanto riguarda Nina Stardust c’è una cosa che mi ha roso un po’ per tutta la lettura, e a breve ci arriviamo.
Il primo capitolo del manga racconta i repentini passaggi di “padrone” di un robot dalle fattezze fanciullesche che, dopo un combattimento-test contro un robot da combattimento, viene gettato in una discarica vista l’inevitabile sconfitta. Il secondo capitolo narra di Nina, ragazza liceale, che dopo essersi data all’inseguimento di una chianna (i pescioni spaziali di prima) ed essere stata inghiottita, precipita nei pressi della suddetta discarica visto che il suo scooter a levitazione s’è rifiutato di funzionare a un certo punto della fuga dalla chianna. Inizia così la storia al terzo capitolo del volume. Il robot è in cerca di un nuovo padrone, ma Nina si rifiuta proponendogli in alternativa di essere sua maestra visti i modi rozzi con cui questo ragazzino meccanico si relaziona con gli altri. Prima di giungere a tale decisione, Nina assicura al robot che sarà sua padrona se le porterà una stella. Questo fissa il cielo, ci pensa, prende un sasso e dice: “Le stelle sono pianeti che brillano piccoli nel cielo. Anche la Terra è un pianeta.” quindi un sasso è logicamente un pezzo di stella, giusto? Sbagliato. Da che ricordo io dai miei studi superiori, una stella è un ammasso di gas michelati al cui centro agiste una fusione nucleare. Grosso modo, wikipedia parla di uno sferoide di plasma. Ma il punto è che una stella non è solida, e questo erroraccio si protrae anche in seguito in quanto questa sfida viene proposta da Nina al suo ragazzo per farsi perdonare l’ennesima cavolata. Quest’episodio è ambientato anni dopo l’incontro tra Nina e Hoshikuzu (nome dato al robot, significa “polvere di stelle”) e da ambasciatore tra Nina e il suo ragazzo Taihei è proprio il piccoletto con gli ingranaggi. E’ lui a suggerire a Tahihei di portarle una stella, così lei di sicuro lo perdonerà.
Se la vostra ragazza vi dice così, poco ma sicuro, siete fregati; ma Taihei ha un asso nella manica: una chianna. Non passa neanche tanto tempo che una chianna si fa viva, lui e Hoshikuzu si fanno inghiottire così da viaggiare nello spazio per pigliarsi una stella; tanto, l’interno del pesce è arredato quindi problemi non ce ne saranno. Taihei tornerà dopo tre anni sulla stessa chianna; il pescione si sta tirando dietro un grosso masso (aridaje). Passano anni, Taihei e Nina si sposano. Taihei è un neet mentre Nina si fa il mazzo in una fabbrica di giocattoli, per caso vincono alla lotteria. Cosa farci con l’equivalente di due milioni di euro? Semplice: si prendono un trabiccolo capace di invertire la gravità e lo applicano alla stella/asteroide creando così un isola sospesa a mezz’aria sopra il mare. Si trasferiscono lì tutti e tre a condurre una vita rustica da campagnoli. Passano gli anni, tanti, e i due protagonisti umani muoiono di vecchiaia. Rimane Hoshikuzu che decide di rimanere vicino alle tombe dei suoi due amici e non muoversi. In tal modo il risparmio energetico gli permette di sopravvivere a lungo. Passa il tempo e riflette. L’appropinquarsi del termine della batteria è accompagnato da due eventi: primo, Hoshikuzu capisce che se vuole mantenere viva Nina deve fare in modo di preservarne il ricordo in eterno (quindi gli serve una nuova batteria); secondo, appare un ragazzino dal nulla. Pare che questo tipo sia venuto a dare un’occhiata all’isola, ma la riattivazione del robot lo terrorizza facendogli pensare a uno spettro. Hoshizuku riesce a farsi dare una batteria e si sente sollevato di aver “salvato” Nina e il ragazzino incuriosito gli chiede chi sia questa ragazza di cui parla. Tramite uno schermo gliela mostra, 76 anni prima, quando si incontrarono in una discarica. Così termina questo volume.
Da qui potete, credo, capire la mia sorpresa: se la storia è incentrata su Nina e lei mi muore nel primo volume… Come possono esserci 3 volumi in corso? Soprattutto quando, più o meno, tutti i fatti salienti della sua vita ci sono stati raccontati subito. Non so come prosegua la storia ma posso supporre due alternative:
– Un lungo flashback
– Tanti brevi flashback a seguito di situazioni che Hoshikuzu vivrà con altre persone e saranno da innesco per la rievocazione.
Nessuna delle due mi piace molto. Per me se tutto si fosse fermato a questo volume non me ne sarei lamentato, sarebbe stato un manga carino, breve e che vi avrei recensito volentieri. Il presupposto che vi sia dell’altro non mi entusiasma. Certo, non è che la storia del primo volume sia perfetta (a cui non serve aggiungere altro) ma a mio modo di vedere l’aggiunta di elementi potrebbe nuocere.
In definitiva? Una storia godibile e carina, ma che non mi ha fatto proprio impazzire.
Stile di disegno: mi soffermo poco qui, non ho elementi particolari da sottolineare sulla questione. E’ un modo di disegnare pulito e fresco. Personaggi ben caratterizzati ed espressivi. Giudizio positivo: la lettura è stata molto piacevole.
Edizione J-Pop: al costo di 5,90 Euro con sovraccoperta. Come sempre, del resto. C’è un piccolo refuso a pagina 74 in cui Nina dice “Non posso essertv la tua maestra.” Ma è l’unica sbavatura in un albo ben realizzato e frutto della ben nota cura della casa editrice. Note di traduzione ove dovute. Una cosa mi chiedo: il titolo originale (da quel che capisco) è Hoshikuzu Nina, tradotto come Stardust Nina; perché? Insomma, se poi il nome del protagonista poi viene lasciato Hoshikuzu, perché non lasciarlo anche nel titolo? Mah… nulla di che, comunque.
Io qui vi saluto. Abbiamo ancora un colpo in canna e tra qualche giorno avrete un’altra anteprima.
Continuate a seguirci!