Guide alla lettura, quindi, qualcosa che solo il sottoscritto poteva pensare. Si tratta di svariati (tre o quattro) appuntamenti in cui darò delucidazioni su quella che è la mia chiave di lettura dei shonen a sfondo romantico, spiegando di volta in volta i termini e gli stereotipi che si incontrano nella lettura, e per fare questo andrò a pescare esempi direttamente da quelli che sono sia i manga annoverati come pietre miliari del genere, sia quelli che considero i miei preferiti. Inoltre questo lavoro mi tornerà sicuramente utile nei prossimi mesi: riassumendo in un numero limitato di trattazioni alcuni concetti di base potrò tranquillamente reindirizzarvi alle guide invece di appesantire eccessivamente i miei approfondimenti con enciclopediche divagazioni. Come dire, niente è più bello che citare se stessi. Prossimamente potrebbero, non garantisco niente, anche comparire le guide alla lettura per gli shonen action…
Innanzitutto, l’origine di concetti quali moe e tsundere basilari in questo genere sono attribuiti a Rumiko Takahashi con il personaggio di Lamù; personalmente, ritengo che questi fossero in forma di prototipo e che ne abbiano raggiunto una definitiva e stabile col personaggio di Akane Tendo (vi spiegherò più avanti perchè); non va dimenticato neppure Kimagure Orange Road. Un autore che con il suo stile mi ha segnato, a cui spesso torno, è Ken Akamatsu e il suo Love Hina, un manga di 14 volumi pubblicato tra il 1998 e il 2001, che ancora oggi vende copie sia in Giappone che in occidente dove viene periodicamente ristampato: Love Hina ha cambiato il modo di intendere la commedia romantica salvandola da un’ortodossia che rischiava di soffocarla, e ne consiglio sempre e comunque la lettura. Il secondo manga che terrò in considerazione è The World God Only Knows (il mio manga preferito degli ultimi anni) che seguo praticamente dalle origini e le cui vignette forniscono spesso più informazioni di molti altri lavori per il continuo metapensiero presente e l’abitudine dell’autore di giocare con i vari stereotipi del mondo manga. Come terza opera tra le mie preferite annovero Hayate no Gotoku, manga pressochè sconosciuto da noi rispetto a tanti altri ma che sta per festeggiare il capitolo numero 400 e la quarta serie animata: nei prossimi mesi mi occuperò del manga di Kenjirou Hata, probabilmente su “Riflettori su…”. Se conoscete, o avete letto questi tre manga potete facilmente farvi un’idea di quali siano i miei gusti in fatto di shonen romantici.
Cosa significano quei termini ricorrenti: moe e ecchi?
Questi due sono elementi che si presentano ripetutamente in tutti i manga a sfondo sentimentale, a volte dipendono l’uno dall’altro, altre volte no. Un manga romantico non è necessariamente ecchi, che è una componente comunque tipica del fumetto giapponese che compare anche in altri generi (azione, horror, thriller, non solo in manga romantici e umoristi) e consiste nell’uso più o meno frequente di nudità o immagini a sfondo sessuale: quanto queste siano frequenti dipende dal tipo di manga, dall’autore, dalla rivista e dal pubblico che legge e compra. Indipendentemente dalla sua frequenza, tuttavia, i cosiddetti fan-service sono da considerarsi gratuiti e “inutili” ai fini della trama principale, i bravi autori sono quelli che riescono a portare avanti la storia inserendo scene di nudo e mutandine senza restare intrappolati nel continuo riproporre di situazioni standardizzate per mostrare quant’è bella senza veli la propria protagonista (normalmente il personaggio più spogliato). Quello che potrebbe sconvolgere il pubblico inesperto è che esistono shonen/seinen romantici non ecchi, o che sfruttano queste dinamiche così raramente da esserne quasi del tutto privi: in The World God Only Knows non mi pare vi siano stati più di quattro o cinque fan-service in oltre 220 capitoli; in Toradora sono pressochè assenti, o semplicemente accennati come in Kimi no Iru Machi o Good Ending (terminato da poco). Ciò non cambia che di norma il fan-service deve essere gratuito anche col rischio di essere insensato, deve accadere come se fosse predestinato, indipendentemente da quanto sia o no plausibile poichè in tanti casi è semplicemente l’inizio di una reazione a catena. Di manga ecchi ne trovate a centinaia: oltre a Love Hina mi sento di ricordare i lavori di Masakazu Katsura (Wingman, Dna2, Video Girl Ai, I”s), alcuni action come Air Gear e Ikkitousen, e per certi versi To Love-ru (che al sottoscritto non piace).
Discorso a parte per il concetto di moe, come Ken Akamatsu stesso lo ha definito come “lo stato di avere profondi sentimenti nei confronti di un’altra persona o un oggetto“, sentimento trall’altro privo di interesse sessuale (la definizione di Akamatsu riportata integralmente avrebbe preso metà articolo, questa è una sintesi). Sarebbe, in breve, un sentimento di attrazione verso qualcosa di bello, e carino, e quindi nella maggior parte dei casi, personaggi femminili, manifestata spesso con commozione, o una blanda eccitazione, e attraverso sentimenti di protezione e/o gelosia nei confronti dell’oggetto moe. Stando a informazioni parte della cultura otaku (non definite mai nessuno così, in Giappone il termine è dispregiativo e usato anche come stigmate sociale) il primo personaggio ad aver risvegliato sentimenti moe nei lettori fu sicuramente Lamù, ma la forma completa di questo sentimento prese forma dopo che venne creato il personaggio di Rei Ayanami, la prima vera “moekko“: da allora sono spuntate ovunque queste figure femminili spesso in cosplay e provviste di accessori come orecchi da gatto (nekomimi), grembiuli, occhiali, bende e qualunque cosa possa venire in mente. Portabandiera del moe è sicuramente la Kyoto Animation, con personaggi del calibro di Mikuru (La Malinconia di Haruhi Suzumiya), Nagisa (Clannad), Azusa (K-On!), Rikka (Chuunibyou).
È importante tenere presente che mentre il fan-service è gratuito il moe invece ha sempre una causa e una precisa dinamica azione/reazione, ed è quindi fortemente contestualizzato dalla situazione e dalla trama. Questa causa può prendere tante forme, può essere un fraintendimento o il più classico dei fan-service, l’importante è che porti il personaggio femminile ad arrossire, a sentirsi imbarazzato, “debole” o “vulnerabile” e quindi in necessità di protezione. A sua volta il moe può essere anche la causa di un momento ecchi, basti pensare a una qualsiasi scena romantica interrotta da un palpeggiamento o denudamento involontario, che aumenta nuovamente la distanza tra i due personaggi che era stata ridotta dal momento moe (creando il continuo tira e molla tipico di questo genere). Non vi lascerò senza alcun esempio, e quelli che ho scelto sono molto particolare.
Prendo in considerazione il capitolo 373 di Hayate no Gotoku, poichè ritengo che in queste tavole Hata sia riuscito a creare una situazione esemplare al limite tra il moe e l’ecchi. Il capitolo è incentrato sul gruppo dei “tre idioti”, e sul fatto che delle tre Izumi ha negli ultimi tempi maggiore successo: interrogata la protagonista Nagi sul perchè di questa popolarità questa afferma che arrossire spesso è sicuramente un bonus per ottenere successo. Izumi, infatti, arrossisce spesso senza contare che compare nel flashback del protagonista e le sue mutadine sono spesso in mostra: Miki e Risa non si lasciano sfuggire quindi la possibilità di vedere una professionista all’opera e chiedono ad Hayate di alzare la gonna di Izumi in modo che lei arrossisca (scena ecchi che genera scena moe) e loro possano capire come diventare popolari. Hayate ovviamente si rifiuta, ma l’insistenza delle due porta Izumi a decidere di alzarsela da sola… Con questa scena Hata riesce a inserire ecchi senza disegnarlo e a creare una scena dall’elevato potenziale moe (vi mostro la tavola come riferimento).
Il secondo esempio che vi propongo è davvero inusuale: si tratta di una tavola presa dal numero 73 di Rat-Man Collection: Rat-Girl. Leo Ortolani, una persona che di fumetti ne capisce (più di quanto molti addirittura ritengano) non si è lasciato sfuggire come lavorano sinergicamente questi elementi manga, e li ripropone nella sua parodia in maniera eccezionale: quella che vi lascio è solo una tavola, ma tutta la trilogia in questione testimonia quanto Ortolani abbia approfondito e studiato il fumetto orientale per riuscire a replicarne alcuni aspetti con tale precisione. Notate come Rat-Girl arrossisce e si mostra debole, ma Rat-Man, che non è un personaggio manga non riesce a interpretare i messaggi inviati da questo personaggio femminile…
Nella prossima parte della guida… l’appuntamento più metamanga di Komixjam che uscirà quando riuscirò a riordinare le idee, tratterò il complicato stereotipo di tsundere centrale nell’animazione nipponica (tsundere, tsundere dappertutto! cit. Regola durante qualche pessimo fine settimana), per certi versi anche introdotto dalla trattazione di oggi.
wask 24 Marzo 2013 il 21:17
bella guida!! ho aggiunto alla mia lista nuovi manga da leggere (^-^). provato a leggere suzuka? stesso autore di kimi no iru machi. per la prossima parte della guida(tsundere) hai mai letto ashita dorobo??
Regola 25 Marzo 2013 il 00:23
grazie. spero anche la prossima parte ti piacer�.
purtroppo no, non ho ancora letto suzuka ma era tra le tante liste delle cose da fare. Ashita Dorobo ho avuto modo di leggerlo qualche tempo fa quando ne parlai in un’anteprima, ma devo ancora decidermi di terminarlo.
Rapsodia 25 Marzo 2013 il 19:00
Bravo! Non solo una guida di lettura, un analisi stilistica (alla tvtropes mi verrebbe da dire!).
Starry 12 Dicembre 2013 il 18:50
CIao! complimenti, molto interessante! da umile appassionato di anime, questo articolo da solo ha scatenato una grande curiosit� in me! a parte il fatto che cercher� le altre sezioni dell’articolo, vorrei chiederti se ci sono saggi su questi argomenti che io possa leggere! grazie in anticipo 🙂
Regola 12 Dicembre 2013 il 19:29
Grazie innanzitutto. Le cinque parti di questo trattato dovrebbero essere facilmente recuperabili, ma per quanto riguarda saggi non esiste molto, informazioni del genere si trovano in rete e spesso vengono fatte presenti durante le serie, o spiegate dagli autori. Diciamo che per questo scritto ho rimesso insieme anni e anni di informazioni acquisite.