Fermiamoci un attimo, questo è uno di quei momenti in cui ci scorrono davanti immagini che non possiamo ignorare, che non si possono trascurare; uno di quei momenti nel quale essere un appassionato di animazione giapponese mi ripaga di tante ore dedicate e visioni e re-visioni, letture, riflessioni e parole spese soprattutto qui su Komixjam. Lo scorso 31 Maggio nelle sale giapponesi è uscito Kotonoha no Niwa, il nuovo mediometraggio di Makoto Shinkai, sebbene fosse stato giò mostrato in anteprima al Gold Coast Film Festival in Australia nel mese di Aprile: è stato solo necessario attendere le prime versioni subbate, e tutto il globo sta venendo inevitabilmente assorbito dalla pellicola. Questo regista, che alcuni di voi già conosceranno per 5cm al secondo, è uno di quelli dei quali nei prossimi anni sentiremo spesso parlare, un professionista dell’animazione, della regia, contraddistinto da un’ossessione per il controllo e per il dettaglio, con un piccolo gruppo di collaboratori che può controllare tutti personalmente. Qualcuno che nel 1999 esordiva con una pellicola amatoriale di pochi minuti, ma già pregna del suo linguaggio cinematografico (Kanojo to Kanojo no Neko).
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Ribadisco: fermatevi ad osservarlo, sbalorditi, estasiati, in silenzio, come meglio preferite, ma non perdetevi questi quarantacinque minuti, garantisco io per loro. Non solo per gli splenditi fondali e gli spaccati cittadini che in stile toccata e fuga vengono mostrati; non solo per il dettaglio degli ambienti casalinghi, caratterizzati fino al più soggettivo senso del disordine possibile: oggetti impilati, accostati, in un modo tanto personale, tanto casuale eppure tanto famigliare, che nessun esperto di arredamento potrebbe (in poco tempo) anche solo pensare di progettare. La tazza sopra i giornali, gli attrezzi impilati, i post-it sul muro, tutti sono li come se ci fossero sempre stati: ho visto la pellicola due volte e continuo a notare particolari. I lacci delle scarpe, le pieghe dei vestiti, i capelli dei personaggi spettinati perchè appena svegliati (un mio urlo di gioia per un semplice fotogramma) fino ai dettagli, distinguibili eppure vagamente confusi, nella finestra aperta del palazzo di fronte a dove la scena sta effettivamente avendo luogo. La consistenza delle verdure mentre vengono tagliate? La tensione del cuoio quando viene lavorato? La solidità, la resistenza del legno e la sua ruvidità? Tutte cose che i nostri occhi vedono ma che nello stesso momento riusciamo a sentire tangibili, solidi, reali, come se tutti i nostri sensi fossero coinvolti in una complessa sinestesia.
E poi l’acqua, che si manifesta in tanti modi e tante forme. Come pioggia, che cade fitta, rarefatta, o trasportata da un forte vento durante un temporale estivo. Gocce d’acqua che cadono sulle foglie, dentro delle pozzanghere o che scivolano sulla tela di un ombrello; acqua che bolle in una pentola, che scorre in una grondaia o esce da un rubinetto. È essa per certi versi la vera protagonista di Kotonoha no Niwa, non le persone che compaiono. Tutte le animazioni, le luci e le inquadrature studiate per questo film sembrano essere state progettate proprio per lei e non i personaggi e le loro azioni.
In quarantacinque minuti Makoto Shinkai è anche riuscito a raccontare una storia, breve ma completa, bella, coinvolgente, rimanendo comunque dannatamente semplice. Per fare una storia basta avere due personaggi, e poi creare una situazione: il giovane, quindicenne protagonista Takao sogna di diventare un calzolaio, lavorare il cuoio e altri tessuti per creare calzature è la sua passione, e l’attività che lo assorbe completamente; in pochi secondi ci viene presentata anche la sua famiglia, composta da un fratello maggiore che sta per trasferirsi e iniziare una convivenza, e una madre caratterialmente ancora giovane, forse più assente di un padre mostrato solo in un flashback. Nei giorni di pioggia Takao si reca nel parco della sua città, ed ogni volta incontra questa donna, adulta, sicuramente più vecchia di lui della quale non sa niente. Mentre lui passa tempo a disegnare scarpe, lei mangia cioccolata e beve birra; presto o tardi si conosceranno, cominceranno a parlare e Takao finirà per aprirsi, parlandole delle sue passioni, ma la donna per ragioni sue (che non vi rivelo per evitare di guastarvi la visione) resterà sempre molto riservata. Eppure i due, insieme, daranno vita a un bellissimo, stranamente realistico (verosimile?) intreccio.
Un finale che non è nemmeno tanto scontato, eppure lineare con il tutto, a coronare quella che è probabilmente una delle pellicole animate più belle che ho visto negli ultimi anni: neppure i tempi narrativi potevano essere più perfetti di così! Ogni avvenimento, ogni rivelazione, è perfettamente inserita nel momento più adatto tenendo l’attenzione dello spettatore sempre viva, dividendola equamente tra le animazioni, i fondali, e gli sviluppi della storia. Qualcosa da vedere; qualcosa che ho seguito con un quasi religioso silenzio, e che alla fine, mi ha messo voglia di applaudire come se fossi al cinema, o in teatro, e non nella mia stanza alle tre del mattino.
layla92 21 Giugno 2013 il 23:09
L’ho visto oggi!! quei 46 minuti sono volati e da tempo non rimanevo soddisfatta come lo sono stata questo pomeriggio dopo la visione di kotonoha no niwa!!
Ma devo dire che la magia che makoto shinkai era riuscito a creare con “5cm al secondo” per me resta ineguagliabile!
deimos 22 Giugno 2013 il 14:50
Grazie per avermi fatto conoscere questo piccolo gioiello.
uskebasi 7 Agosto 2013 il 01:51
Un vero capolavoro. Shinkai torna a grandissimi livelli.
Gilles 27 Dicembre 2013 il 18:15
Condivido tutta l’ammirazione e la meraviglia per la miriade di particolari in questo lavoro, quindi non saprei che aggiungere.
Shinkai � proprio un grande, non ho la memoria freschissima su tutti i suoi lavori, ma credo sia il caso di chi riesce a riproporre il proprio stile e farlo cos� bene che non c’� pericolo di cadere nella “ripetitivit�”.
Se proprio devo essere pignolo e trovare uno o due difetti:
1) I riflessi verdi sui protagonisti nel parco non mi sono piaciuti. Sono irreali, un po’ esagerati anche se servono a sottolineare quella che forse � la vera protagonista o al massimo la co-protagonista: la natura
2) La canzone quasi-finale… Per tutto il film c’� un piano stupendo (un classico di Shinkai) e poi quella canzoncina che sembrava stonare in mezzo a tanta armonia fra musica, immagini e sentimenti