Invitato d’onore al Japan Expo 2013 (tenutosi a Parigi), Tetsuo Hara ha presenziato a una conferenza pubblica, così come lo hanno fatto tanti illustri predecessori nelle precedenti edizioni, accompagnato da Nobuhiko Horie, suo redattore personale e amico da molti anni. Il noto autore del manga Hokuto no Ken è stato intervistato da Stéphane Beaujan, capo redattore della rivista Kaboom che già lo scorso anno aveva intervistato Naoki Urasawa. Sul filone dei nostri articoli per il trentennale di Ken vi proponiamo quest’oggi la versione integrale di quest’intervista, caratterizzata da un modo di parlare spontaneo e arricchito da qualche aneddoto.
Buongiorno Signori Hara e Horie, grazie di essere venuti entrambi in Francia per incontrare il vostro pubblico. Entrambi vi conoscete da molto tempo, potete parlarci di come vi siete conosciuti?
Hara: andavo ancora al liceo quando ho deciso di iniziare una carriera come mangaka. Volevo diventare l’assistente di Buichi Terasawa (Cobra) poichè questi ne cercava uno, e dopo aver risposto all’annuncio, sono stato contattato dal signor Horie per questo lavoro. È così che ci siamo incontrati per la prima volta, avevo all’epoca appena 18 anni.
Horie: piccolo aneddoto, in realtà Terasawa non cercava assistenti all’epoca, la decisione di trovargliene uno è stata mia; ero dell’idea che avere un giovane a fianco che l’aiutasse fosse un’ottima cosa. Sono stato io stesso quindi a pubblicare un annuncio su Shonen Jump per la ricerca di un assistente, e si è presentato proprio il signor Hara.
Avete messo immediatamente il signor Hara al servizio di Terasawa, o avete fatto altre cose prima? Quanto tempo è rimasto assistente di Terasawa prima di diventare un vero e proprio mangaka?
Hara: quando stavo per iniziare ad assistere Terasawa, la sua serie era prossima alla conclusione, per questo sono stato reindirizzato verso un altro mangaka, Yoshihiro Takahashi, con il quale ho lavorato all’incirca per un anno e mezzo. Durante i nostri primi incontri, il signor Horie mi aveva promesso che sarei diventato un professionista dopo un anno. Alla fine, questo periodo di lavoro come assistente è finito per durare sei mesi in più, che non sembra un tempo molto lungo, ma il fatto era che non mi piaceva particolarmente il tratto di Takahashi. Più volte ho fatto presente questo mio disinteresse, e che mi ero presentato per lavorare con Terasawa, ma il signor Horie insisteva sul fatto che dovevo lavorare con uno degli autori più famosi di Jump di quel momento perchè sarebbe stata un’esperienza molto importante. Col tempo i fatti gli hanno dato ragione: Takahashi ha rapidamente iniziato ad avere fiducia in me e affidarmi compiti sempre più importanti, fino al disegno dei personaggi principali che è una cosa raramente lasciata agli assistenti. Alla fine, sono molto riconoscente per tutto quello che ho imparato da questo autore.
All’epoca prendevate comunque lezioni di scrittura presso lo sceneggiatore Kazuo Koike (Lone Wolf&Cub, Lady Snowblood). Cosa avete appreso durante queste lezioni? In cosa questi vi hanno aiutato a diventare un professionista?
Hara: si, mentre ho imparato un sacco di cose riguardo al disegno con Takahashi, quello che ho imparato con Koike si è rivelato utile nella creazione dei personaggi: come dargli più vita, come renderli più interessanti… quando ero giovane, avevo soprattutto voglia di creare degli eroi invincibili che combattevano fra di loro, e non riflettevo molto sul resto. Con queste lezioni ho imparato a dare un’anima ai personaggi, a renderli più umani e distinguerli l’un l’altro invece di fare multiple copie dello stesso quadro.
Signor Horie, come avete capito quando il Signor Hara era pronto a diventare un professionista? Cos’era successo, dopo un anno e mezzo, che vi ha convinto del fatto che poteva lanciarsi sulla sua prima serie?
Horie: a quei tempi il Signor Hara mi portava continuamente bozzetti per delle serie. Ogni volta ero impressionato dalla forza del suo disegno e dalla potenza del suo tratto, e da una rappresentazione dei combattimenti come non l’avevo mai vista. Penso che all’epoca fosse indubbiamente il migliore disegnatore nel genere action. Quando metteva in scena personaggi che si facevano colpire in piena faccia, risentivo del colpo come se fosse stato portato a me, tanto era preciso e impressionante il suo tratto. Ho capito abbastanza rapidamente, quindi, che avrebbe espresso un grande talento come professionista, d’altronde, Terasawa, successivamente mi ha supplicato a lungo per avere Tetsuo Hara e Tsukasa Honjo (City Hunter, Cat’s Eye) come assistenti. Ma gli ho sempre rifiutato questo privilegio, rispondendogli: “Disegnano meglio di te, non li lascerò nelle tua mani!” (ride)
Dopo un anno e mezzo quindi arrivò la vostra prima serie: Tetsu no Don Quijote. Il successo fu immediato? Potete tornare a questi anni che segnarono la vostra prima collaborazione?
Hara: Questa storia fu un’idea del Signor Horie che mi disse: “Quello che va di moda in questo momento sono le moto da cross. Se facciamo una serie su questo, vedrai che sarà un grande successo!” Alla fine il successo del motocross non ci fu mai, come potete immaginare.. in più non avevo assolutamente voglia di disegnare su un mondo che non conoscevo. Ma siccome mi dissero di farla, l’ho fatta. Solamente, perchè potesse continuare, bisognava far si che la serie fosse una dei titoli più popolari su Jump. Pensavamo di avere un buon margine, e invece… dalla prima settimana fu uno scacco cocente! (ride) Col senno di poi, fu tutto sommato abbastanza divertente, siccome ho sempre avuto uno stile realistico e mi venne chiesto di usare uno stile più classico, con grandi occhi, con pupille piene di riflessi… penso che questa fu una delle ragioni di questo scacco commerciale.
Fermiamoci un pò sulla questione del disegno. Il Signor Horie, in alcune interviste, loda spesso il prodigioso talento del signor Hara esprimendo l’apporto dato dal suo tratto al genere manga. Potete spiegarci in cosa lo stile del Signor Hara ha cambiato i canoni di Shonen Jump?
Horie: il tratto del Signor Hara è fortemente ispirato da artisti anglosassoni che hanno uno stile molto particolare, come Frank Frazetta. Cercava di approcciarsi a un realismo che non era alla moda nello stile manga dell’epoca, che sfruttava maggiormente disegni in super-deformed e altre tecniche per esagerare le espressioni dei personaggi. Penso che sia stato soprattutto la sua differenza rispetto ad altri autori la chiave del suo successo, anche se vi è stata una certa evoluzione tra Don Quijote e Hokuto no Ken.
Giustamente, Hokuto no Ken è il titolo che ci ha permesso di conoscere il vostro lavoro (conosciuto in Francia con il titolo di “Ken il Sopravvissuto”). Dopo la fine della serie precedente, ritornate immediatamente sulla scena con un nuovo titolo, che sarà il vostro più grande successo. Come è nato questo progetto?
Hara: Durante la pubblicazione di Don Quijote ci siamo resi conto abbastanza rapidamente che la serie non aveva il successo che desideravamo. Alla quarta settimana di pubblicazione, il Signor Horie venne una sera nel mio studio, e dopo che il sake ebbe fatto il suo effetto eravamo tutti e due un pò brilli. A quel punto mi ha lanciato un libro dicendomi: “Tieni, sono andato a fare un giro nel quartiere dei venditori di libri a Tokyo e ho trovato questo. Non ti va di fare una storia sulle arti marziali cinesi? Questo è sui punti di pressione del corpo umano, dovremmo farne una storia dove i personaggi esplodono quanto vengono premuti, sarebbe geniale!” Ero abbastanza sconvolto: mi aveva chiesto di disegnare sul motocross, e mi ci ero impegnato senza troppo riflettere, e di punto in bianco mi si propose un altro genere! Ma non vi nascondo che all’inizio l’idea mi attirava. Sono sempre stato un fan delle arti marziali e dei personaggi come Bruce Lee. Poichè non ero tanto soddisfatto del manga a cui stavo lavorando ho preso al volo quest’occasione, e lanciammo questo nuovo progetto parallelamente alla conclusione del precedente. In quel momento ha avuto inizio Hokuto no Ken. Ma non vorrei vi faceste un’idea sbagliata su di me, non sono solito bere così tanto!
Come avete creato l’universo di Hokuto no Ken, la sua storia, i suoi personaggi..? Potete spiegarci il metodo di lavoro che avete usato?
Horie: ancora prima di cominciare Hokuto no Ken avevo già tutto in mente: questa storia sui punti di pressione, il famoso “Sei già morto…” Così, abbiamo cominciato a riflettere al tutto insieme, ho parlato al Signor Hara di qualche idea e lui ha iniziato a produrre disegni. Ma all’epoca eravamo pochi a lavorare su Jump, e non potevo lasciare il mio ruolo di editore troppo a lungo. Era necessario pertanto che uno sceneggiatore mi sostituisse, e fu allora che ho incontrato il Signor Buronson. Da quel momento questi mi sostituì, permettendomi di tornare al mio ruolo di redattore e occuparmi semplicemente della revisione e rilettura della serie. Hara, dal canto suo, era ben più che soddisfatto di potersi focalizzarsi sul disegno.
Per il pubblico francese, Hokuto no Ken, rappresenta una storia un pò particolare, essendo stato causa di lunghi dibattiti sulla sua violenza, e della diffusione presso un pubblico troppo giovane. Potete spiegarci come avete gestito la messa in scena di questa violenza? Bisognerebbe che il pubblico francese (e non solo ndRegola) comprenda che all’epoca non si era realmente pronti per comprendere questa serie, un gioiello della cultura giapponese a fumetti.
Hara: in effetti, fin dal mio arrivo in Francia, mi hanno parlato molto degli scandali causati dalla violenza della serie. Cosa abbastanza sorprendente per me, perchè in Giappone l’opera viene considerata in modo diverso ed è stata creata per motivi differenti. Hokuto no Ken è soprattutto la storia di un eroe, di un salvatore che arriva a sconfiggere dei cattivi molto cattivi. Non c’è altra soluzione possibile che uccidere questi criminali e la serie è famosa per queste scene, perchè l’eroe fa quello che è necessario fare. Per smorzare un pò questa violenza abbiamo creato una base di onomatopee e suoni grotteschi, ma apparentemente questi non sono stati utilizzati nella traduzione francese. Certe di queste onomatopee sono poi diventate parole molto famose in Giappone: tutti conoscono infatti la parola “Shibebu” che non vuol dire niente in particolare, ma che abbiamo inventato per indicare un’esplosione. Ha anche finito per entrare a far parte del linguaggio comune, e i giapponesi lo usano fra di loro scherzosamente quasi per dire “stai per esplodere“, sia tra adulti che tra bambini. Oltre alla sdrammatizzazione offerta, queste parole hanno permesso a Hokuto no Ken di essere apprezzato per la sua storia, ma anche per i suoi aspetti comici che hanno attirato un pubblico più vasto. Cosa che ci ha anche permesso di controbilanciare la serietà e la violenza dell’opera, permettendo che fosse presa per quello che realmente è, e apprezzata per questo. Tuttavia, ho sentito dire che la versione animata francese ha comunque subito un’edulcorazione attraverso il doppiaggio. Che fosse una cosa voluta o meno, è una cosa comunque successa, e il risultato finale non è pessimo. Aldilà dell’aspetto comico sdrammatizzante, volevamo anche sviluppare i numerosi aspetti della trama: le storie d’amore e di fratellanza, il percorso di sofferenza di Ken… Erano questi per tutti noi i temi principali di questa serie, non la violenza che allontava parecchia gente. Anche in Giappone, comunque, abbiamo dovuto far fronte a gruppi di persone che si opponevano alla nostra serie, chiedendone un’interruzione prematura. Ma si tratta comunque di poca cosa rispetto a quanto è accaduto in Francia.
Hokuto no Ken ha rapidamente ottenuto un posto particolare nel mondo dei manga. Col senno di poi, come spiegate questo suo successo immediato? Era semplicemente dovuto all’attrattiva di una novità?
Hara: come ho già detto in passato, ero un grande fan di Bruce Lee da giovane, guardavo continuamente i suoi film. Avevo circa quindici anni quando è morto, e l’annuncio mi ha profondamente sconvolto. Mancava qualcosa nella mia vita e avevo un irrefrenabile bisogno di rilanciarmi in questo genere, per ritrovare lo stesso brivido e la stessa passione. Non trovando in alcun modo persone capaci di riempire questo vuoto mi sono detto che era mio compito farlo, ma non con un film, bensi con un manga. Quando divenni un professionista qualche anno dopo mi venne infine offerta questa possibilità. Bruce Lee fu promotore di un successo globale del genere dei film di arti marziali, ma come tutti i successi improvvisi era destinato a vedere scemare l’entusiasmo. Per me non poteva finire tutto in questo modo, e non ero il solo ad avere questo genere di sensazioni dopo la sua scomparsa; credo, che gran parte del pubblico ha compreso quello che volevo comunicare, si è rivisto nelle mie motivazioni, ed è questo a spiegare il successo di Hokuto no Ken.
Oltre che a l’influenza di Bruce Lee, avete anche menzionato l’importanza della figura paterna nel vostro immaginario e nella creazione dei vostri personaggi. Potete parlarci della vostra infanzia? Come si è sviluppato questo immaginario?
Hara: mio padre era molto diverso da me: era sportivo, si muoveva molto e praticava arti marziali. Io, che amavo disegnare passavo molto tempo nella mia camera. Spesso mi facevo allenare nel baseball all’aperto, ma lo sport non è mai stato veramente la mia passione. Mio padre era veramente un uomo muscoloso, a tratti impressionante, a cui piaceva veramente lottare.. capitava spesso che rientrasse in casa con i pugni insanguinati e i vestiti strappati all’altezza delle spalle… in effetti faceva un pò paura! In più guardava molti film sulla yakuza, e mi chiedeva di guardarli con lui. Tutte queste cose mi hanno indubbiamente influenzato. (ride)
Siete tornati molti anni dopo sull’universo di Hokuto no Ken, spostandovi comunque in un’altra epoca, nella serie Soten no Ken (in Italia Ken il guerriero: le origini del mito). Cosa vi ha portato il fatto di essere tornato su questa saga? In cosa era differente? Sappiamo che Buronson, per esempio, ha avuto un ruolo minore in questo progetto. Cosa potete dirci?
Hara: la genesi di Soten no Ken è molto complessa, devo tornare parecchio indietro per spiegarvelo. Quando ho terminato Hokuto no Ken avevo ventisette anni, e ne avevo trentanove quando ho iniziato questa nuova serie. Nel frattempo molte cose erano successe, ci furono alcuni problemi con la Shueisha: eravamo stati messi da parte, considerati come vecchi e inutili. Il Signor Horie era stato inviato ad altre riviste che non avevano più molto a che fare con i manga e sia io che lui non eravamo molto soddisfatti della situazione. Ci sentivamo come su un sellino eiettabile, e decidemmo di prendere il toro per le corna fondando la nostra casa editrice. Questa rappresentava una vera e propria sfida, e siccome eravamo conosciuti proprio grazie a Hokuto no Ken, perchè non tornarci sopra per lanciare la nostra rinascita? É allora che nacque Soten no Ken. Riguardo all’allontamento di Buronson, fu dovuto per la posta in gioco in questa nuova avventura. Ci stavamo proprio lanciando nel vuoto, e non volevamo coinvolgerlo nel caso il nostro progetto fosse fallito: ci siamo permessi di allontanarlo quindi dal progetto, per il suo bene.
Horie: infatti, sono stato io il responsabile della sceneggiatura di Soten no Ken. Il mio nome non appare nei crediti della serie per motivi legali, ma sono stato io a dare l’origine a questa storia. Difatti, il tema di questo spin-off è molto diverso da quello della prima serie: questa volta volevamo mostrare come un uomo può lasciarsi tutto alle spalle per compiere la sua vendetta.
Parliamo del presente, di Ikusa No Ko, la vostra serie in corso che ha come protagonista Oda Nobunaga. Come potete descrivere l’evoluzione del vostro rapporto con i personaggi protagonisti? Avete maturato la voglia di dipingere un’altra forma di psicologia e eroismo?
Hara: per tornare alle mie origini, Hokuto no Ken rappresenta tutto quello che avevo voglia di disegnare da giovane: uomini forti, combattenti carismatici, eroi nei quali vorremmo identificarci e assomigliare. Avevo cominciato da poco la mia carriera da professionista che già disegnavo il genere che desideravo. Come potete immaginare, dopo cinque anni passati su questa serie, ero talmente soddisfatto che non sapevo proprio cos’altro poter fare. Mi dissi che avevo già guadagnato molto denaro che mi sarebbe potuto bastare fino alla fine dei miei giorni. Poi, a un certo punto sono tornato alla realtà, e data la necessità di pagare le tasse dovevo continuare a lavorare! Il Signor Horie insisteva molto per farmi tornare a disegnare, e alla fine la ebbe vinta: mi sono messo a disegnare e in quel periodo ho scoperto le jidaimono, le recite storiche ambientate in contesti medievali e feudali. Sono stato un grande appassionato di questo genere, per tutto il tempo che mi è stato necessario a scrivere Keiji. Successivamente ho iniziato a disegnare Soten no Ken, che come avrete notato, ha molto più umorismo rispetto a Hokuto no Ken: indubbiamente a quarantanni non possiamo avere le stesse idee di quando ne avevamo venti. Adesso che ho passato i cinquanta non voglio più occuparmi di eroi modellati sullo stereotipo del fratello maggiore, che sono potenti e arrivano per salvare il mondo. Non è più quello che ho voglia di fare, e sicuramente questa voglia non tornerà più: con l’avanzare dell’età, finiamo per idolatrare personaggi più giovani, con quello spirito giovanile tipico di chi ha una forza, o un potenziale, latenti. Questo è diventato il punto focale che muove la mia passione al giorno d’oggi, ed è per questo che ho voluto disegnare l’infanzia di Oda Nobunaga.
[email protected] 11 Agosto 2013 il 16:13
Se il maestro Hara continuasse con hokuto no ken avrebbe un grosso successo i fan di anni 80 ne sono molti i giovani di oggi non pensano n� ai cartoni ne ai manga quindi maestro Hara pensa a noi � vedr� scuotere un enorme successo.voce di un fan accanito.HNK per sempre.
vegeta82 11 Agosto 2013 il 17:07
come tanti della mi eta’ sono cresciuto a pane e ken il guerriero…� diverso dallealtre opere…io ken cel’ho dentro il cuore,..ricordo me bambino che sfidavo i miei che non volevano assolutamente che lo vedessi…e che puntuale alle 18.30 dopo essermi sorbito cara dolce kioko mi esaltavo a vedere…anzi rivedere per l’ennesima volta (loavro’ visto piu’ di 10 volte tutta la serie) le puntate e gasarmi come fosse sempre la prima volta….
adoro ken…ma allo stesso tempo reputo tutte le altre storie del sig.hara uno spreco…..spreco di carta ed inchiostro….si salva solo keiji il magnifico…ma il resto…compreso soten no ken….� tutto da cestinare…peccato…� uno dei migliori disegnatori..nonostante gli anni…ma come storie…si � sempre sentita la mancanza di un buon sceneggiatore.