Salve a tutti lettori di Komixjam, per la nostra serie di articoli riguardante l’intramontabile capolavoro del duo Hara&Buronson quest’oggi prendo la parola io… e voglio parlarvi del gioco di ruolo di Ken il Guerriero: argomento che volevo trattare di persona poichè ci tengo sappiate che il sottoscritto è abbastanza competente in materia (anzi, il mio nickname nasce proprio nell’ambito dei giochi di ruolo) e ha usato il sistema in questione. Il gioco venne pubblicato dalla Nexus nel 1994, periodo in cui prodotti di questo genere stavano per uscire dalla nicchia e essere lanciati sul grande mercato; il gioco è stato prodotto utilizzando il sistema generico Simulacri adattato non senza errori e sviste da parte dello staff, ma per esperienza personale ritengo sia sufficientemente funzionale.
Non penso tutti siate esperti di gioco di ruolo, pertanto nello spiegarvi il sistema di gioco cercherò di presentarvelo nella maniera più semplice possibile. Il meccanismo di base necessita di un pò d’impegno per essere pienamente compreso, ma dopo le prime partite (anche meno nel caso di giocatori esperti) vi assicuro che tutte le azioni diventano automatiche e i giocatori riescono a destreggiarsi tranquillamente tra scheda e campo di battaglia. La difficoltà di ogni test si ottiene sommando determinati valori sulla scheda (Componente+Mezzo+Regno e in alcuni casi modificato positivamente o negativamente da un Talento) e per superarlo è necessario ottenere un valore minore con il lancio di due dadi a sei facce: un doppio uno consisterà sempre in un successo, un doppio sei invece sarà sempre fallimento. In combattimento, a differenza della maggior parte dei test normali, è necessario tenere sempre conto del cosiddetto Margine di Successo, che diventa fondamentale per determinare l’efficacia di un attacco: esso va modificato sommandogli il risultato di un ulteriore lancio di 2d6 (due dadi da sei per i non addetti ai lavori), il quantitativo di danni viene ottenuto in seguito alla consultazione di una tabella.
La parte ostica del sistema riguarda il movimento: esso è stato impostato per usare due tipi di terreni, a quadrati o a esagoni. Entrambi hanno alcuni pregi e difetti, il quadrettato, per esempio, permette una visualizzazione più rapida della situazione, inoltre il sistema non si crea problemi per i movimenti in diagonale che è invece uno dei grossi difetti di Dungeons&Dragons; l’esagonale, più difficile da realizzare, fornisce un’esperienza di gioco differente soprattutto a livello strategico, poichè nel combattimento hanno grande importanza le direzioni in cui i personaggi sono rivolti (lo schema qui sotto vi darà una chiara idea delle differenze). Il sistema prevede l’uso di Punti Movimento, e il personaggio può agire (nel suo turno) fintanto che ne ha a sufficienza: ogni azione, anche fare un passo avanti o girarsi in un’altra direzione costa Punti Movimento, una volta terminati il personaggio deve obbligatoriamente fermarsi. Uno degli aspetti strategici del gioco consiste proprio nel conservare alcuni punti per azioni fuori turno, come la schivata (la parata, quando possibile, non costa punti movimento ma diventa più difficile attacco dopo attacco) o particolari attacchi definiti come Speciali. Il sistema di punti ferita utilizzato è locazionale, il che permette una rapida ed efficace descrizione delle scene di combattimento, inoltre le tabelle per i colpi non mirati a specifiche locazioni sono funzionali.
E dopo questa breve introduzione ecco finalmente che vi parlo di quello che realmente vi interessa: le arti marziali. E qui devo darvi un disappunto: i personaggi del manga (che il sottoscritto si è sempre limitato a citare e mai usare effettivamente) sono dei mostri inarrivabili per l’irragionevole quantitativo di Punti Esperienza necessari per avere schede simili alle loro, anche quando si gioca un praticante di arti marziali, i personaggi saranno poco più che apprendisti per il resto della loro carriera. Per carità, la scheda di un guerriero di Hokuto appena creata è già potenzialmente mortale, questo per la particolarissima regola che rende questo sistema di una mortalità tale che il sottoscritto definisce spettacolare: i colpi di arti marziali possono essere parati o schivati solo se conosciuti (o se si ha un punteggio di Aura superiore, ma le vere sfide sono contro personaggi di pari Aura) ed è impossibile impararli se non attraverso anni di addestramento necessari per l’acquisizione del Talento necessario, che funge da Prerequisito; vi faccio un esempio pratico: qualora un guerriero di Nanto e uno di Hokuto si confrontino (con pari Aura) nessuno dei due può parare/schivare i colpi della scuola dell’altro; nel caso di scontri tra praticanti della stessa scuola, invece, se uno dei due usasse un colpo che l’altro non conosce viene concesso un tiro per apprenderlo, se riuscito si può parare/schivare. Conoscere, comunque non vuol dire saper usare.
Uno potrebbe dire che quindi coloro che praticano arti marziali siano avvantagiati: mi pare giusto. Più che altro, nei vari kit di creazione dei personaggi si evince subito qual’è il difetto dei guerrieri delle scuole di arti marziali: il loro equipaggiamento di partenza è più o meno costituito da una borraccia vuota e/o bucata. E poi il gioco ha una mortalità particolarmente elevata come la maggior parte dei sistemi prodotti negli anni ’90, che tanto piace ai “Dungeon Master” come il sottoscritto, quindi è veramente difficile affezionarsi ai personaggi. Personalmente ritengo sia possibile impostare due tipi di gioco con questo sistema:
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I personaggi sono mercenari, pistoleri, meccanici… che cercano di sopravvivere in questo mondo post-apocalittico; non sarebbe sbagliato usarlo per proporre scenari alla Mad Max, sebbene abbia sempre considerato le regole riguardanti i veicoli nel Simulacri macchinose e di pesante integrazione.
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Nel caso di una campagna incentrata sulle arti marziali è necessario mettere in conto la possibilità, non nelle parti iniziali, di concedere ai personaggi di sviluppare il punteggio di Aura, che permette di usare un numero maggiore di colpi e essere giusto un tantino più resistenti alle ferite (laddove Aura non è un Prerequisito per conoscere un colpo, per molti un certo punteggio è necessario per utilizzarli). Anche in questo caso suggerisco di non concedere mai ai giocatori punteggi superiori di 1 (Aura va da 1 a 3), poichè già dal punteggio 2 i personaggi arrivano ad essere in possesso di troppi colpi che possono porre fine ai duelli in un singolo turno; Aura 3 è stata inserita regolisticamente per identificare i veri prescelti, infatti questo punteggio è posseduto solo da Ken, Raoh, Souther e Falco. Con Aura 1 gli scontri tra esperti di arti marziali di scuole differenti possono essere resi interessanti anche grazie al dialogo e all’interpretazione, poichè tendono a durare tra i 3 e i 5 turni, mentre quelli tra praticanti della stessa scuola rischiano di essere sostanzialmente più lunghi (come Nanto, ho giurato a me stesso che non gestirò mai più un duello tra due praticanti di questa scuola).
Tuttavia il sistema non è privo di difetti, sebbene ci tenga a sottolineare come la mancanza di bilanciamento in alcuni suoi aspetti (come la superiorità della scuola di Hokuto) non sia un difetto. Il primo difetto però è proprio il sistema, o come esso viene presentato: era abitutine con questi giochi creati in poco tempo e non testati appieno lasciare ampia libertà all’Arbitro di Gioco su come e quando applicare determinate regole, basandosi sul presupposto (errato) che al tavolo da gioco si radunino persone mature unite dal desiderio di divertirsi. Purtroppo così non è, questo mondo è pieno di gente che cerca di appigliarsi al minimo cavillo (o interpretando in modo vantaggioso un paragrafo) cercando la combinazione vincente che renda il proprio personaggio invincibile o immortale: un Arbitro inesperto, che non sappia farsi valere (il gioco è mio e lo gestisco io, cit. Regola) rischia di finire vittima di questo tipo di giocatori che guastano solamente il divertimento. Il fatto che sia necessaria quindi esperienza, o bravi giocatori al tavolo, per gestire un sistema è per me un difetto, poichè non tutti sono fortunati come me che hanno sempre avuto al tavolo bravi giocatori. Altra pecca del sistema è l’Iniziativa, che per come generata può in tantissimi casi essere superfluo tirarla; altri difetti sono i prodotti dei fan, che spesso forniscono molto più materiale da poter sfruttare, ma che a spesso sono prive di senso e di un minimo di equilibrio.
Le chicche del sistema, che mi sono tenuto per la fine di questa mia breve trattazione, sono due regole che fin dal primo momento mi sono piaciute:
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l’Ultima Possibilità, è un tiro concesso una volta per personaggio, che in caso di morte certa permette di essere magicamente salvati, spesso da un evento anche scenico quale l’arrivo all’ultimo secondo di un alleato o di un fulmine dal cielo;
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la regola del Destino, che coinvolge tutti i personaggi, giocanti e non, con Aura almeno 1. Secondo questa regola costoro hanno un destino di qualche sorta, devono compiere un’azione specifica o affrontare una determinata situazione: l’Arbitro di Gioco può modulare gli eventi, imbrogliare, girare i dadi per far si che questo Destino sia inevitabile. Ho abusato di questa regola per far avvenire l’epica ed ineluttabile morte dei personaggi (giocanti e non) nel momento più spettacolare che si potesse desiderare.
Ho narrato due storie del mondo di Kenshiro, esaurendo quasi tutto le idee che potevo avere, tenendo sempre presente la storia principale, citandola, usandola come spunto e proponendo personaggi non giocanti, che seppure caratterizzati col mio stile personale, avrebbero potuto tranquillamente apparire nel manga (e i miei giocatori mi hanno confermato che ci sono riuscito). Ho usato le musiche del cartone, descritto le scene usando le stesse posture, gesti e parole per riproporre le stesse atmosfere di questo mondo, e se non fosse stato per alcuni aspetti di questo sistema, non sarebbe stato possibile. Vi saluto pertanto, giacchè la mia analisi termina qui, alla settimana prossima con un altro articolo per festeggiare il trentennale di uno dei manga più belli di sempre.