Fermiamoci un attimo, distogliamo il nostro sguardo dalle serie in corso, e da quelle che secondo criteri appartenenti al sottoscritto non son degne di essere viste, e dedichiamo qualche minuto a questo titolo, che alcuni probabilmente conoscono già (è già stato presentato anni fa su Komixjam, ma ho ritenuto fosse possibile tornarci sopra da un’altra prospettiva). Altri no, e vorrei rassicurarvi sulla mia intenzione di non presentare elementi spoiler, perchè guardare Higurashi no naku koro ni (Quando le cicale gridano) conoscendo già le risposte alle molte domande che questa serie solleva, è indubbiamente molto, ma molto meno interessante.
Era il 2002 quando la 07th Expansion rilasciava il primo disco per personal computer di questa particolare visual novel, precisamente una sound novel (quindi principalmente incentrata sull’aspetto sonoro per creare varie atmosfere), ideata da Ryukishi07. Influenzato dal lavoro della Key, Ryukishi07, partì con l’intenzione di emulare i successi di questa casa di produzione, ma calcando più la mano su contenuti horror, misteri e enigmi di ogni sorta, sebbene alla base abbia costruito una sorta di “vita quotidiana” come spesso accade nei giochi di quella casa produttrice (come saprà chi ha visto Clannad, Kanon 2006 o Little Busters), riuscendo a creare una perfetta sensazione di “famigliarità” nel lettore, spettatore o videogiocatore. La struttura stessa dei vari capitoli di Higurashi è meno legata al sistema delle scelte multiple e più a quelle dei sottogiochi, per permettere al giocatore di godersi la trama senza dover ricercare il giusto percorso, e questa struttura si è adattata perfettamente alla realizzazione della serie animata, realizzata dallo Studio Deen (due serie da ventiquattro episodi, una nel 2006 e una nel 2007, e svariati Oav), composta anche essa di capitoli autoconclusivi. Ma nonostante i protagonisti siano sempre gli stessi ogni capitolo presenta sempre elementi nuovi, che complicano continuamente la vicenda ma che riescono a permettere una contestualizzazione proprio grazie a quella sensazione di famigliarità presente, che poco a poco viene costruita e arricchita.
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Anche il teatro di questa vicenda è un luogo particolare, caratteristico al punto giusto per essere rapidamente ricordato e conosciuto. Il villaggio di campagna di Hinamizawa, situato nell’entroterra giapponese è uno dei luoghi più isolati di questo arcipelago, è lontano svariate ore di automobile dal vero centro abitato di questa prefettura: non proprio tagliati dal mondo, ma neppure a stretto contatto con esso… se considerate inoltre che la storia è ambientata nell’estate del 1983. In questo villaggio vivono i vari personaggi principali e le loro famiglie, insieme ad altri nuclei famigliari, e sempre qui vanno a scuola (i cui studenti stanno tutti in una sola aula), trascorrendo le loro giornate tra i banchi e divertendosi per campi senza alcun preoccupazione, come se il tempo si fosse fermato. Eppure Keichi Maebara, trasferitosi con la famiglia da poco nel villaggio, ignora quali orrendi segreti le sue quattro amiche, e gli abitanti di Hinamizawa, nascondano: ignora persino chi Mion Sonozaki, Rena Ryuugu, Satoko Houjo e Rika Furude realmente siano. Non conosce le antiche regole di Hinamizawa, poste per preservare l’ordine, volute dalla divinità locale Oyashiro-sama. Non immagina neppure quale sanguinaria spirale di tragedie lo attende, pronta a portare disordine in quella divertente, spensierata, vita di tutti i giorni.
Higurashi è un immenso, labirintico thriller, di cui non si riesce mai a vedere l’uscita: anche quando la verità riguardo ad Hinamizawa e le tante tragedie di questo luogo sembrano per essere svelate compare un altro elemento a complicare la situazione, sconvolgendo nuovamente le ipotesi che lo spettatore faticosamente costruisce di volta in volta, come se stesse cercando di completare un puzzle la cui figura di riferimento viene aggiornata di volta in volta. La stessa struttura narrativa sembra costruita per invogliare a ingannarsi, e credere di aver sbandolato la matassa, ma come tutte le spirali, quando il giro è stato completato la superficie occupata si rivela essere solo maggiore, e ancora da circoscrivere, per giunta.
Serve tanta pazienza, in alcuni momenti, per districarsi tra i capitoli “Question” e quelli “Answer“, restando sempre consapevoli del fatto che una singola risposta e un singolo tracciato che porti fuori da questo incubo non esiste realmente. La verità, la tremenda e mostruosa verità che si nasconde nel villaggio di Hinamizawa non può essere raccontata da un solo punto di vista, ma è necessario inquadrare la questione dai più punti di vista dei vari personaggi (anche più punti di vista dello stesso, a volte) e seguendo diverse linee temporali, che si intrecciano, si mischiano e si fondono. La verità non è bidimensionale.
Higurashi è uno dei thriller/horror più completi che abbia mai visto, e indubbiamente uno dei più apprezzati globalmente se prendiamo in considerazione l’animazione giapponese, visto che ha contribuito particolarmente ad influenzarla. Non solo per lo stereotipo di personaggio yandere (che prende veramente forma moderna col personaggio di Rena) ma anche per quel particolare gusto dell’horror e del mistero che ogni tanto ritorna: gli anime di questo genere, e dotati di questa complessità non sono troppo comuni, ma quando tali sceneggiature approdano nel magico mondo del rotoscopio devono tanto e vengono giustamente paragonati a questo titolo. E in qualche modo ne escono sempre “sconfitti”, o “manchevoli”, perchè la potenza narrativa di Higurashi è data dal fatto che, sebbene negli anni sia stata fatta luce sulla maggior parte degli aspetti oscuri della vicenda, ancora oggi non è possibile affermare con certezza assoluta che le cose non possano nuovamente sembrare differenti da come le abbiamo ricostruite. Questa indefinita ricerca di una verità assoluta (e inesistente!) che contraddistingue Higurashi è indubbiamente causa di quell’effetto calamita che ha sullo spettatore, perchè diamine! Deve esserci una luce alla fine del tunnel!!
Pochi personaggi (i principali sono meno di dieci, e non tutti hanno un ruolo in tutti i capitoli) sono l’altro aspetto vincente di Higurashi: riuscendo a dedicarsi a un numero ristretto di figure lo sceneggiatore è riuscito a dare spazio a tutti e a mostrare molto dei personaggi, sempre da svariate angolazioni. Diversamente non poteva essere vista la necessità di approfondire il profilo psicologico dei vari personaggi, sia per spiegare le loro reazioni in alcuni capitoli, sia per presentare le loro scelte in altri, spesso successivi, perchè in qualche modo questi sembrano rafforzati capitolo dopo capitolo, proprio come se la nostra esperienza di spettatori fosse condivisa con la loro di protagonisti, e li rendesse più forti, resistenti, decisi… esperti, in certi casi. Uscire dal tunnel non è facile, è necessaria tanta forza di volontà, ed è proprio questo uno degli altri aspetti vincenti di Higurashi: la forza con cui i personaggi cercano di trascinarsi fuori da questo maledetto tunnel è tale da trascinare anche noi spettatori (soprattutto nella seconda serie) e renderci partecipi della loro lotta.
La parte più difficile è proprio quella di entrare in sintonia con Higurashi: i personaggi, il doppiaggio originale, le frasi che diventano dei tormentoni (le catchphrase tanto amate nei manga) come pure gli intercalari, le animazioni non così eccezionali (ma migliorano quando serve, soprattutto nella seconda serie) rendono ostica la prima visione. Ma con un po’ di pazienza è possibile venire conquistati dal paranoico primo arco narrativo, dalle soluzioni di sceneggiatura e le inquadrature utilizzate che sono il vero vanto tecnico di Higurashi. Anzi, è quando queste cambiano, dopo essere rimaste fedeli a una sola angolazione per svariati episodi, che l’anime attira l’attenzione dello spettatore: il cambio di inquadratura non è solo un cambio di prospettiva per i personaggi, è anche il chiaro segnale che qualcosa di nuovo sta per accadere. All’inizio saranno il sangue, la violenza, la follia e il mistero la maggiore attrattiva della serie, per poi lentamente spostarsi su quella che è l’indagine, l’azione.
A distanza di sette anni dalla sua prima messa in onda, e di undici dall’uscita del primo capitolo Higurashi continua a far parlare di se, certo, senza essere massificato come tanti di quei successi lampo a cui siamo oramai abituati. Le due notizie più recenti sono indubbiamente l’acquisto da parte della piattaforma Steam del videogioco (tradotto e adattato, eccovi un interessantissimo link per farvi un’idea) e l’uscita recente dell’Oav Higurashi Outbreak, che è andato a coprire un altro tragico, e inusuale aspetto di questa mastodontica vicenda.