Torniamo alle origini, allo scopo primo di questa rubrica, lasciando da parte (con la promessa di riutilizzarli al momento debito) il tono e lo stile canzonatorio che ho adoperato nelle ultime settimane, e prendiamoci del tempo per fare una noiosissima critica costruttiva. La serie scelta, come potete intuire dal titolo, mi è stata suggerita, non perchè non la conoscessi ma semplicemente non l’avevo presa in considerazione avendo avuto a che fare solo con il manga: la proposta è arrivata parecchie settimane fa, ma ho aspettato di sentire la necessità di variare genere e argomenti. Per questo, oggi, ho deciso che la serie condotta in catene davanti al giudice è Ga-rei Zero.
Ga-rei nasce come manga, sceneggiato e disegnato da Segawa Hajime pubblicato sulla rivista Shonen Ace della Kadokawa Shonen tra il 2005 e il 2010, mentre i dodici volumi di cui è composto sono stati pubblicati in Italia tra 2009 e il 2010 dalla Panini Comics… perchè vi parlo del manga, quando è in esame la serie animata? Semplicemente perchè Ga-rei Zero è poco più di un prequel, e non è possibile procedere con l’analisi se non si tengono presenti alcune differenze tra stampa e animazione. Uno dei grossi problemi di Ga-rei è indubbiamente stato il paragone che ha sofferto con Bleach: il fatto che ci sia un protagonista in grado di vedere gli spettri a cui viene data una spada (con grilletto) da una ragazza, dotata di poteri da esorcista, può sembrare decisamente un plagio dichiarato, ma dopo i primi colpi di assestamento è abbastanza chiaro che si tratta di due manga diversi, semplicemente resi simili da alcuni punti in comune; inoltre, mentre Bleach è tranquillamente assimilabile nel genere dei manga fantasy, Ga-rei fa parte di quel sottogenere definito urban fantasy.
Caratteristica tipica di questo sottogenere è ambientare storie fatte di spada e magia in luoghi urbani, sfruttando anche mitologia e leggende metropolitane creando ambienti tetri e oscuri, ricchi di mistero e intrigo; focalizzandosi su questi elementi poi, offrono combattimenti di tipo diverso, spesso molto brevi ma intensi, in cui vita o morte di un personaggio si decidono in poche pagine… perchè la morte è una tematica centrale nel genere (a differenza dello shonen fantasy più classico), come anche lo sono tutto quello che di “sporco” e “sbagliato” c’è nella società: droga, prostituzione, violenza su donne e bambini… Ga-rei, almeno il manga, riesce a restare sui binari del genere shonen sfruttando un “protagonista buffone”, senza quindi diventare seinen, come potrebbe accadere per opere di questo genere. (Se volete un parere personale, il miglior urban fantasy degli ultimi anni è Durarara!!) Detto questo, ci tengo a sottolineare che Ga-rei l’ho bocciato come manga anni fa, ma non completamente cestinato dopo la lettura completa, in virtù di pochi spunti buoni presentati e di atmosfere che, sebbene non disegnate con uno stile di mio gusto, ho apprezzato. Ma qui il problema è la serie animata, il prequel.
Per quanto mi riguarda, spesso basta la classificazione come prequel a una serie perchè decida di bocciarla. Fare un prequel equivale, secondo i miei standard, ad animare una serie i cui presupposti sono quelli di mostrare al pubblico come sono avvenuti fatti che già si conoscono: questo lascia il tempo che trova, e sebbene esista qualche prequel interessante, il più delle volte non sono riusciti a conquistarmi per quanto ben realizzati (che è stato il mio problema con Fate/Zero). Spesso si assiste a situazioni che vengono stravolte e cambiate per allungare il brodo, cose che dovranno essere cancellate o riportate allo stato noto allo spettatore, poichè la stramba costante dei prequel è che si guardano sempre dopo la serie regolare. Ga-rei Zero non fa eccezione, prende tanti elementi che vengono presentati durante il manga, li cambia quel tanto che basta per creare attenzione senza oltrepassare una linea di non ritorno; si trattà tuttavia di 12 episodi che ho trovato noiosi e in certi punti superflui.
La storia, invero, è molto semplice: Kagura, la protagonista, è destinata ad ereditare Ga Rei Byakurei, uno spirito usato negli esorcismi dalla famiglia Tsuchimiya, che è ovviamente il più potente in circolazione. Per svariati problemi famigliari inizierà a vivere con Yomi Isayama che già sappiamo destinata a diventare uno spirito e attentare alla vita di tutti gli abitanti di Tokyo: lo scopo del prequel è però quello di mostrare per bene sia il rapporto tra Kagura e Yomi, e come arriveranno a considerarsi sorelle, sia la strana storia d’amore tra Yomi e Noriyuki, sia di presentare in maniera più o meno lineare la degenerazione di Yomi. Per fare questo verranno inseriti tantissimi personaggi che non sono nel manga… tanto per mettere quel tocco di violenza gratuita che di tanto in tanto ha riacceso la mia attenzione. La prima parte dell’anime è confusionaria, servono due episodi per capire quanto accade: dal terzo si intuisce che hanno mostrato la prima parte del finale e dello scontro tra Kagura e Yomi per poi tornare indietro al loro primo incontro… un flashback di svariati episodi in un prequel non è qualcosa presente nella mia lista delle scelte azzeccate, e le costruzioni cronologiche non lineari servono, in questi casi, proprio a coprire i punti deboli della sceneggiatura e non perdere spettatori. Dopo la visione dei primi episodi, però, ho sentito la necessità di ritornare sul manga perchè qualcosa dell’insieme stonava parecchio: ed è così che ho notato anche cambiamenti nel tono, nello stile narrativo e anche nei generi, che rendono questo prequel un lavoro eccessivamente diverso dal manga. Stesse premesse non indicano necessariamente la comunicazione degli stessi messaggi, e ne risulta che mentre il manga è uno shonen con elementi sentimentali e umoristici, l’anime è un prodotto più maturo, quindi un seinen dove gli elementi horror sono esasperati, con elementi romantici anche dello stampo yuri (alcuni aspetti della relazione tra Kagura e Yomi possono essere letti in chiave morbosa, ripeto, possono). Questo vuol dire che hanno un prodotto che potrebbe essere gradito solo in uno dei suoi aspetti: alcune persone attratte dall’anime potrebbero non gradire il manga e viceversa, e per me questo è un imperdonabile difetto per un prodotto il cui scopo è soprattutto promozionale. L’anime, trasmesso quando il manga era al terzo anno di pubblicazione, non è riuscito a essere un vero e proprio trampolino di lancio per il manga.
Lo studio che si è occupato del prodotto è l’AIC (Anime International Company) che vanta diversi titoli interessanti ma è indubbiamente uno studio minore (Boku wa Tomodachi ga Sukunai, Seitokai no Ichizon Lv2, Vampire Princess Miyu e l’epicissimo Tenchi Muyo negli anni novanta) ha fatto un lavoro non impeccabile ma neppure da cestinare. Anzi, alcune scene d’azione sono veramente ben realizzate, come lo scontro tra Yomi e il padre di Kagura nell’undicesimo episodio. Cercare delle pecche dal punto di vista della realizzazione grafica è inutile ma non posso fare a meno di far notare che in alcune immagini, soprattutto quando inquadrati da lontano, i personaggi perdono eccessivamente di dettaglio. Tirata d’orecchie ad alcuni usi di computer grafica, fortunatamente molto poca: può essere un altro deterrente alla visione qualora non si gradisca l’intrusione di modelli tridimensionali nell’animazione. I fondali sono un pò ripetitivi e vengono riciclati cambiando le luci, ma non penso che tutti gli spettatori prestino troppa attenzione a questi particolari.
Il problema principale resta quindi il fatto che si tratta di un prequel: avere storie che corrono su binari prestabiliti è il loro fascino e il loro limite. Guardando questa serie senza conoscere il manga, o avere la consapevolezza di guardare un prequel, vuol dire di essere alla ricerca di una pellicola che probabilmente deluderà: alla fine la crescita e lo sviluppo dei personaggi di Kagura, Yomi e Noriyuki, i tre protagonisti, non può che essere limitata e scontata perchè avvenuta in primo luogo sulla carta stampata. Noriyuki è il classico esempio dell’ineluttabilità del prequel: per quanto possa essere presentato nell’anime come una persona seria, tutti coloro che hanno avuto a che fare col manga sanno che si tratta di un vigliacco, di una persona che non ha agito quando avrebbe dovuto e questo lo ha trasformato radicalmente (leggi: dobbiamo riportare il personaggio alla struttura originale creata dall’autore).
Vi ho annoiato? Vi ho incuriosito? Esistono anche giorni così. Per oggi ho terminato, Gli Inguardabili tornano mercoledì prossimo (non vi libererete mai di me!), e approfitto dell’occasione per ricordarvi che anche voi potete fare la vostra parte: avete un titolo da sconsigliarmi? Contattatemi sul nostro forum (mi piace mantenere il segreto sulla mia scaletta), rispondetemi sul forum se non siete d’accordo con una mia analisi, oppure sul blog, se volete che cambi stile, se volete sfidarmi a un duello mortale… non so, fate voi.
AOI 22 Maggio 2013 il 20:23
bellissima la rubrica gli inguardabili XD
Devo essere sincere … la vidi credo 2 anni fa ( quando non avevo ancora maturato la mia maniacale passione epr gli anime che ora mi impone ” anche se � un INGUARDABILE veditelo cmq perch� fa cultura ” ) e lo droppai a met� serie.
Quoto in tutto e per tutto quello che hai detto, un’anime apprezzabile prevalentemente per le animazioni.
Davvero hai gi� detto tutto e straquoto tutto XD
Gi� lo avevo preso in antipatia col primo episodio … cio� una cosa come quella � solo una perdita di tempo, davvero mi face venire i nervi. E poi la trama era noiosa e non mi ha coinvolto per niente … cio� la storia inizia con un’asse temporale … preso quasi a caso cio� BHO !
Quando vedo st� cose mi chiedo sempre … ma i miliardi di impiegati Jappo che disegnano egregiamente st� cagate di trame non si chiedono mai in tutto l’anno in cui disegnano serie come questa …. ” hei aspetta un’attimo … ma questa � una stronzata ! XD ”
lol … cosa non ti fa fare la passione … ( e la fame ovvio XD )