La settimana scorsa affrontai un approfondimento fuori dagli schemi classici, presentando una lettura di Bakuman da un punto di vista diverso, particolare, direi anche poco comune ma molto personale. E in chiusura, come dicevo, avrei completato l’intervento utilizzando un altro manga, che mostra una visione diversa di questo mondo, ma anche complementare. I due manga guardano ad autori di livello completamente differente, infatti, mentre in Bakuman vi sono dei geni prodigiosi che pubblicano ancor prima di raggiungere la maggiore età, quelli di Hayate no Gotoku disegnano manga ma non hanno successo, non pubblicano per riviste e non lottano per i questionari, sono fermi al livello amatoriale del fumetto: ai doujinshi.
Hayate no Gotoku (Hayate the Combat Butler) è un manga strano, poco conosciuto in Italia, ancora inedito, sebbene abbia superato i 400 capitoli, e sia in corso la quarta serie animata. È un manga “difficile” per la grande presenza di citazioni al mondo del fumetto e dell’animazione nipponica, di riferimenti nascosti ad altri autori, colleghi che pubblicano sulla stessa rivista, Shonen Sunday della Shogakukan, casa editrice che produce mangaka del calibro di Rumiko Takahashi, Mitsuru Adachi e Gosho Aoyama (nonchè l’autore che da alcuni anni seguo con maggiore passione, Tamiki Wakaki). Un manga che difficilmente avremo in Italia per le similitudini con Gintama, sebbene Hayate no Gotoku non sia di così complessa lettura… fatto sta che a volte anche io ho avuto difficoltà a seguire l’autore, quando le sue citazioni si facevano più intricate, nascoste. Di cosa parla Hayate no Gotoku, tuttavia? È una domanda a cui non posso rispondere ora, perchè necessiterebbe di un articolo (con uno intendo almeno tre) a parte che ho già in programma di fare, un giorno o l’altro. Posso dirvi che in questo manga si parla di tutto, da tanti punti di vista, perchè l’autore, Kenjirou Hata, non è famoso solamente per la sua vena umoristica, per l’intricato e complicatissimo intreccio narrativo che a costruito in sette anni, ma anche per la straordinaria capacità di essere espressivo e sintetico allo stesso tempo. Io leggo settimanalmente i capitoli di Hata mentre non lo faccio per altri manga (preferisco si accumulino, e tornarci ogni tanto) perchè le sue diciassette pagine sono sempre stranamente molto appaganti. Ma non divaghiamo.
In Hayate no Gotoku si parla di manga dal terzo capitolo, quando il protagonista scopre che la sua “padrona” passa tutto il suo tempo davanti a videogiochi e anime, e sebbene ricca da far schifo, desidera diventare una mangaka di successo e vendere un miliardo di copie… questo aspetto rimarrà solo una gag ricorrente: tutto comincerà a cambiare intorno al trecentesimo capitolo. L’inserimento di un nuovo personaggio, Ruka, una idol con un passato simile a quello di Hayate, che nasconde anche lei la passione per i fumetti, scatenerà una reazione a catena che finirà per mettere al centro dell’attenzione la sfida tra la protagonista Nagi e la idol Ruka a suon di doujinshi… che vendono all’incirca qualche decina di copie.
Tutto normale fino al momento in cui non viene tirato in ballo il personaggio di Hinagiku: le viene chiesto di aiutare Ruka nella produzione del suo manga (una dozzina di pagine), e la Presidentessa del Comitato Studentesco si rimbocca le maniche, legge una ventina di manga e stira una lista di consigli e caratteristiche per guidare Ruka. E quello che succede tra i capitoli 332 e 335 (principalmente) è stato per il sottoscritto un fulmine a ciel sereno, e la causa scatenante di questo approfondimento, pensato per svariati mesi prima di presentarvelo (più che altro, avevo altre cose da scrivere).
L’obiettivo di Hinagiku diventa quello di guidare Ruka per migliorare come disegnatrice manga, e come sempre, il miglioramento del disegno è lasciato alla pratica, quindi Hinagiku si concentra sulla parte della sceneggiatura: ma non ne scrive una per Ruka, le fornisce solamente alcuni consigli pratici. L’obiettivo diventa quello di produrre un manga che chiunque possa leggere e comprendere inserendo dialoghi semplici e diretti, usando una griglia semplice e non complicandosi la vita con strutture complesse, disegnare sfondi e ambienti, semplici, ma che comunichino immediatamente e chiaramente l’ambiente e la situazione… in poche parole Hinagiku consiglia a Ruka di sviluppare le sue capacità di linguaggio attraverso il dialogo e la costruzione delle immagini, abbandonando costruzioni astratte che possono solo confondere il lettore se questi non ne afferra il significato. Storie e disegni verranno dopo (anche perchè si tratta di doujinshi, quindi trame molto semplificate), quello su cui è necessario insistere è la capacità di farsi capire, quindi passare da vedersi come fumettisti che disegnano per se stessi e chi ha voglia di capire il proprio lavoro, a diventare fumettisti che disegnano per gli altri.
A questo punto ritengo che il confronto tra le due visioni si possa integrare: quello che ho sempre lamentato di Bakuman è l’assenza di una vera e propria gavetta da parte dei personaggi. Non che non la facciano, ma tutte questi aspetti dell’essere fumettisti vengono taciuti, perchè semplicemente i personaggi le conosceranno già, sono già talentuosi nella loro passione e scelta lavorativa. In Hayate no Gotoku invece Nagi e Ruka devono partire dalle basi, dal provare la soddisfazione di vendere tutte le trenta copie che sono state stampate, dal sentire i complimenti di una persona che ha letto il proprio lavoro. Quando vendi trenta copie puoi ringraziare ogni singola persona che ha comprato un tuo fumetto, e questo ti riporta alla gente, al mondo, ed è un’esperienza che ritengo fondamentale. Il primo complimento, la prima vendita, la prima stretta di mano, sono tutte piccole cose che servono anche a costruire la propria autostima se si decide di partire dalla pratica, dal fumetto amatoriale e non si riesce, come è capitato a tanti autori che ancora pubblicano, ad avere un valido maestro e trampolino di lancio per le proprie opere (gli autori Shueisha che vengono dal mondo dei doujinshi sono molto pochi, il più famoso di tutti è indubbiamente Togashi, nella Kodansha Mashima, noto per i suoi lavori su Monster Hunter). Soffermarsi sulle capacità di linguaggio è fondamentale: saper disegnare e sceneggiare, avere idee geniali, non vuol dire assolutamente niente se non si possiede la capacità di esprimere con la massima efficacia il proprio messaggio, ed è una competenza che tutti i mangaka di successo possiedono (in Bakuman, Niizuma sicuramente è il più abile nel linguaggio manga).
Ovviamente neppure Hayate no Gotoku ci dirà mai cos’è un manga interessante, in questo Hata è anche più evasivo di Ohba, ma sembra quasi rispondere e ricordare agli autori della Shueisha che le montagne non sono fatte di sole vette, che se vuoi parlare di una sfida, ed idealizzare una realtà che ben conosci, allori di ideali devono essercene parecchi, e il “manga” deve essere uno degli elementi centrali. Ma Hata, autore strano, bizzarro e geniale, non sta scrivendo un manga sui manga, la sua è stata una divagazione (che ancora continua, tuttavia) mentre continua per la sua strada e si concentra capitolo dopo capitolo per provare a comunicare qualcosa. Ed è forse questo il motivo per cui trovo appagante, come dicevo, la lettura di ogni singolo capitolo.
Per concludere volevo presentare un altro dei numerosissimi personaggi di questo manga, perchè in questa situazione sarebbe errato non citarne l’esistenza: il mangaka Gouji Ashibashi. Non è chiaro a chi si riferisca Hata con questa figura, che presenta come il mangaka attualmente di maggior successo, ma la sua immagine stona indubbiamente con lo stereotipo “cool” del mangaka di successo che sembra stia diffondendosi, e ricorda che queste persone sono in realtà sempre in bilico, in lotta con le scadenze, alla ricerca dell’idea che possa far pubblicare una settimana di più e non deludere il pubblico, afflitti da ulcera, tremendi dubbi e un senso di umiltà derivante dall’impossibile confronto con un successo tanto grande da essere quasi ingestibile. Fare manga, in qualche modo, ti consuma, e non c’è eroismo nel martirio.
Dario 23 Maggio 2013 il 18:45
Di Hayate no Gotoku ho visto le prime 10-12 puntate e l’ho apprezzato davvero tanto. Non ricordo chi subbasse l’anime ai tempi (parlo di 3-4 anni fa) ma lo mollarono dopo una decina di puntate, affidando il progetto a un altro gruppo fansub che per� non lo port� mai avanti.
C’� un buon gruppo fansub che ha tradotto l’anime?
Non mi dispiacerebbe continuarlo, adoravo i riferimenti ad altri manga e anime.. 🙂
Regola 23 Maggio 2013 il 18:55
La prima serie (52 episodi) non � mai stata completamente subbata, mentre la seconda (25 episodi) mi para sia stata recuperata dal gruppo BM zone. Non ho notizie della terza (che comunque non segue il filone del manga) mentre la quarta, in corso, basata sugli ultimi 50/60 capitoli del manga, mi pare sia curata da un gruppo chiamato GCF o qualcosa del genere.
Non posso essere molto d’aiuto, poich� seguo solo ed esclusivamente gruppi di fansubber anglofoni.