Vi presento oggi una serie anime che tra le produzioni degli ultimi anni spicca per sue determinate peculiarità: Bakemonogatari (Racconti di mostri), tratta dalla light novel di Nisio Isin, scrittore nipponico di successo che oltre alle sue opere ha curato anche un romanzo di Death Note e uno di Le Bizzarre Avventure di Jojo, inoltre, scrive i testi del manga Medaka Box. La serie viene animata nel 2009 sotto la direzione di Akiyuki Shinbo, già famoso per Maho Shoujo Lyrical Nanoha, Maria Holic, Puella Magi Madoka Magica, ed è composta da 15 episodi.
Bakemonogatari racconta delle vicende di Koyomi Araragi, un ragazzo diciassettenne che si ritroverà ad aiutare altre cinque “eroine” alle prese con problemi sovrannaturali, dopo aver avuto modo di provare sulla sua stessa pelle quanto possa essere insidioso e pericoloso quel mondo. La risoluzione di questi esorcismi passa sempre attraverso il superamento dei problemi personali delle vittime, piuttosto che tramite vere e proprie pratiche esoteriche, comunque presenti. La serie è ricca di dialoghi, attraverso i quali di volta in volta si acquistano informazioni sul protagonista e sull’eroina di turno, vi sono anche numerosi giochi di parole e gag ricorrenti, presentati spesso tramite le poco ortodosse inquadrature di Shinbo: elementi che a volte rendono impegnativo seguire lo svolgersi degli eventi. La trama, inoltre, non viene presentata in maniera lineare ma disordinata e caotica: i personaggi faranno riferimenti ad avvenimenti già avvenuti di cui lo spettatore non ha avuto alcuna informazione fino a quel momento. Per avere un quadro completo della situazione e di tutti i personaggi bisogna, infatti, vedere tutta la serie.
Bastano pochi minuti per rendersi conto di quanto Shinbo non si sia posto limiti riguardo a inquadrature e animazioni, come pure nella gestione degli ambienti i quali, anche quando molto semplici come una classe o un parco, risultano estremamente curati. I personaggi invece hanno una realizzazione molto semplice, sebbene siano forniti di piccoli elementi che rimandano alla loro storia, al loro carattere o allo spirito che hanno attirato su di se. La pecca, personalmente, è che Shinbo usa questo suo particolare stile anche nei fan-service e nei spesso eccessivi momenti ecchi della serie. Per la prima serie sono inoltre state realizzate ben 5 opening, una per ogni eroina.
Discorso a parte va fatto per la seconda serie di dodici episodi, trasmessa nel 2011, Nisemonogatari: sebbene la regia e i personaggi siano gli stessi questa volta siamo di fronte a un lavoro diverso (a mio avviso più scadente). Le cause non sono da ricercarsi nel calo della qualità delle storie di Nisio Isin, bensì nell’eccessiva presenza di elementi ecchi, quasi a sfiorare il genere hentai. Se nella prima si potevano superare e andare avanti nella trama, nella seconda serie la loro presenza diventa gratuita e ingombrante. È notizia degli ultimi giorni, infine, la decisione di Shinbo di animare tutti i capitoli dell’opera “Monogatari“, ed è stata annunciato l’inizio della produzione del capitolo Kizumonogatari, un prequel alla prima serie, che tratterà accuratamente l’esperienza sovrannaturale del protagonista.
[Fonti\Anime News Network]
Emanuele 10 Aprile 2012 il 16:10
ma Shinbo doveva essere un qualche messaggio subliminale? :wassat:
Regola 10 Aprile 2012 il 16:33
se lo �, probabilmente ne sono rimasto vittima 😀
Jacques Mate 10 Aprile 2012 il 16:42
Era da oltre un anno che non commentavo su KJ, ma suppongo che per quest’opera ne valga la pena.
Bakemonogatari e Nisemonogatari rappresentano un bagliore di luce nel grigio momento che l’animazione giapponese (e non solo) sta attraversando e nel quale si sta addentrando sempre pi�, tra shounen dalle trame sempre pi� dubbie, minanti la propria stessa coerenza e senso, serie prive di originalit�, sempre pi� volte ad un fanservice per il gentil sesso che, sembra incredibile, ma riesce ad esser ancor pi� deplorevole e di bassa lega di quello che per anni ha tediato intenditori e ragazze: quello per il genere maschile.
Senza dovermi ulteriormente dilungare in una critica generale alla scena attuale dell’intrattenimento di diversa levatura sul versante orientale, onde evitare di risultare sterile in questo reclamo ufficiale (per quanto valga) sul nostro beneamato KJ, preferisco passare alla considerazione personale sull’oggetto dell’articolo che ha sapore di recensione, e che a mio parere � sviluppato in una sintesi molto gradevole e anche ben fatta, con spirito critico ad alto quoziente di obbiettivit� senza farsi influenzare dal mero gusto personale.
Prima di tutto bisogna sottolinare la valenza che serie come queste possiedono: cos� come nel cinema i film tratti da libri si caricano di connotati ovviamente particolari, per via del rimando automatico alla fonte scritta, tanto che il parallelismo sulle due diverse opere sviluppate su supporti diversi e metodi espressivi differenti risulta spontaneo a chiunque abbia preso minimamente con seriet� l’opera in esame. Dunque, avvicinandoci al nostro caso, serie anime tratte da light novel si caricheranno anch’esse di un senso esteso, che trova radici ed appendici proprio nell’origine: se dunque spesso l’anime � una trasposizione dello scritto in linguaggio animato, allora c’� anche da aspettarsi che la restituzione della medesima narrazione non potr� avvenire nello stesso modo cos� come gi� la fruizione avverr� diversamente. Diverso � il modo con cui ci si approccia, in base alle nozioni che si hanno riguardo all’opera, se la si conosce, se la si � letta integralmente o meno, ed insieme � difficile poter separare i sensi empirici coinvolti nella fruizione di un’anime (o di un film). Quel che mi interessa sottolineare � che una serie risultante dall’ispirazione e dalla guida di un supporto letterario qual � la light novel comporter� una complessit� di lettura critica notevole, per tutto ci� che � implicato e che ho riassunto poche righe fa.
Passiamo finalmente dunque all’oggetto dell’analisi:
Bakemonogatari si caratterizza prima di tutto per la scelta delle modalit� espressive del mezzo animato, come detto da Regola qui sopra, e questo lo lascia intuire fin dai primi fotogrammi: manco a farlo apposta i primi secondi gi� fanno presente l’elemento fanservice con inquadratura sulle mutandine di uno dei personaggi femminili (l’ultimo dei casi affrontati dal protagonista, nella sequenza degli archi narrativi). Inoltre il cronometro � come se suggerisse la linea analitica seguita dall’intera serie, improntata ovviamente pi� sul concetto, ed in particolare sulla parola, sul linguaggio scritto e parlato: si pu� solo immaginare che importanza possano avere questi elementi in una serie aniamta giapponese, che dunque includer� la lingua giapponese e tutta quella serie di implicazioni che ci� comporta: una lingua � lo specchio di una intera cultura, figuriamoci nel caso di una lingua orientale, di un popolo gi� ereditario dell’immensa mole rappresentato dall’apporto cinese, e che oltretutto ha come tratto distintivo comune a moltissime lingue orientali, l’uso di ideogrammi che ne complicano ulteriormente il discorso filologico.
Quel che ne risulta � una serie che lavora e riflette spesso sul valore della parola e dei suoi significati in rapporto con l’essere umano e l’elemento sovrannaturale. Come se non bastasse la scelta nella realizzazione dell’anime � stata quella di operare una ablazione di molte vicende svoltesi temporalmente attorno a quelle narrate nei diversi archi (divisibili proprio in base alla ragazza a cui son dedicati): in realt� l’ablazione � apparente e comunque parziale, dato che la maestria � stata quella di riportare porzioni di testo che si inframezzano nelle sequenze filmate. Sono fotogrammi che non durano che frazioni di secondo, obbligando lo spettatore a sospendere la visione dell’anime per leggere cosa vi sia scritto: a met� tra il messaggio subliminale e la forzatura a porre colui che guarda ad una scelta se rispettare il tempo volutamente ermetico di tali inserimenti testuali o agendo in prima persona nell’interruzione della visione per poter assimilare tutto ci� che l’animazione offre volendo apparire a tratti intenzionalmente sfuggente. Questo appare evidentissimo, e non lo � a caso, nel primo minuto della prima puntata quando vien presentato il prologo della serie intera. Da l� in poi la storia ha un ritmo tutto sommato accettabile, a volte lento, a volte meno: ci� che risveglia l’attenzione � soprattutto il particolare sviluppo dei dialoghi e le situazioni inusuali in cui son coinvolti i personaggi. Spesso � addirittura il modo di affrontare le vicende che rivela l’aspetto originale ed a tratti bizzarro della serie. Spesso le insolite battute scambiate dai protagonisti sono frutto di giochi di parole, di concetti, di errori di pronuncia intenzionali, di critiche a molti stereotipi soliti nell’animazione giapponese (in primis il fanservice), dello sfondamento della quarta parete che si viene a creare anche grazie alle citazioni di altre serie anime (Evangelion, Occhi di Gatto, ecc) o addirittura di scrittori che han fatto la storia delle letteratura del Sol Levante (come Osamu Dazai o Yumeno Kyusaku). Persino il design dei personaggi muta in certe scene, ma in fondo a questo siamo abituati con le versioni deformate e caricaturali di molti manga e anime durante le scene comiche. Di certo � l’ambiente, la scelta dei colori, delle architetture inventate e presentate, dell’arredamento, delle sculture che colpisce, proprio in contrapposizione al disegno dei personaggi che � solitamente, come scritto da Regola, effettivamente semplice ricordando in questo contrasto fortissimo Puella Magi Madoka Magica.
Dal punto di vista dei contenuti, la miglior cosa sarebbe goderne appieno, visionando la serie, accorgendosi di come ad ogni problematica affrontata dai diversi personaggi sia ricondotta sempre ad un animale simbolo del malessere di una ragazza: la scelta non � mai casuale, ovviamente, ma si rif� a diverse origini che vanno ad immergersi in leggende orientali associate al significato ambivalente o ambiguo della scrittura nipponica. Spesso il lavoro del protagonista � pi� di natura terapeutica e psicologica nei confronti delle pazienti attanagliate da spiriti maligni o creature sovrannaturali che creano loro un malessere che si manifesta sotto forma di sintomi diversissimi tra loro.
Di particolare nota � la presenza di discorsi sul linguaggio e sulla sfera emozionale umana anche in condizioni di quiete, di problematiche assenti (o che ancora devono manifestarsi o che si son gi� risolte) nello scorrere della narrazione: nel caso dei dialoghi sull’emotivit� comunque � significativo come il tutto si distanzi sempre accurtamente dal virare verso una piega romantica dal sapore shojo, ma invece mantenendosi nel suo particolare taglio inusuale e insolito proprio per via dei caratteristici personaggi, dalla lolita alla fidanzata, che riscrivono in questa serie il loro ruolo, finendo per prendere decisamente in giro alcuni scontati risvolti che solitamente non si risparmiano in altre serie mediocri.
C’� da dire che la presenza ingente di fanservice nella seconda serie, ovvero Nisemonogatari. seppur parzialmente motivata e giustificata, disturba e talvolta irrita, soprattutto quando sottrae tempo a scene che potrebbero essere decisamente pi� interessanti, soprattutto dato che si tratta di una serie con un esiguo numero di episodi. Se da una parte questa critica potrebbe essere mossa a moltissime serie, nel caso di questa l’intolleranza acuta � data proprio dall’aspettativa altissima che se ne ha e dalla dimostrazione che ha dato di poter davvero essere considerata una perla di particolar pregio e valore.
Che dire se non consigliare la visione integrale di entrambe le serie con l’augurio che si possa apprezzare l’originalit� di queste.
Regola 10 Aprile 2012 il 17:10
Non posso che ringraziarti per aver incorniciato in modo cos� eccellente la mia trattazione, che scompare in confronto alla tua.
Nella stesura di questo articolo ho incontrato la difficolt� di presentare il lavoro senza risultare noioso, o eccessivamente tecnico (perch� � un articolo indirizzato soprattutto a persone che non hanno visto la serie) allo scopo di suscitare curiosit� nei lettori. Proprio come hai detto tu, e sottolineato con questo commento, � un’opera “complessa” e la trattazione meriterebbe sicuramente 4 o 5 volte pi� parole di quante ne abbia spese (che comunque mi hanno tolto due ore di tempo e, se devo essere sincero, non soddisfatto al 100%).
Bakemonogatari, in breve. Indescrivibile.
La fotografia, i dialoghi, gli effetti, i frequenti sfondi monocromo e i flash che danno informazioni sui pensieri e intenzioni in modo maggiore rispetto a quanto potrebbero normali parole, tutti questi elementi e molti altri rendono la visione attenta di questo lavoro sicuramente complessa. Non vi sono grossi colpi di scena, � facilmente intuibile lo sviluppo della trama di volta in volta, ma riesce comunque a stupire e conquistare per il modo in cui ti tiene attaccato allo schermo ( e nel mio caso al tasto Pausa). Non ne ho viste molte di opere che mi hanno suscitato le stesse impressioni.
Eppure, nonostante l’ottima impressione (e le aspettative infrante da Nisemonogatari) non � un anime che tutti potranno considerare un ottimo lavoro (non � mio costume usare la parola capolavoro, di questi ve ne uno ogni cinquant’anni), un lavoro che solo pochi potranno cogliere appieno, e non necessariamente tutti allo stesso modo.
Jacques Mate 10 Aprile 2012 il 21:23
Mi son trovato davvero in accordo con te, fin dal tuo articolo e rinnovo la mia presa di posizione a sostegno della tua tesi.
S�, una visione attenta, e l’assenza di colpi di scena, elementi che io forse ho citato appena o anzi nemmeno citato e son d’accordissimo segnalare; inoltre concordo con l’opinione sui capolavori. Difatti nemmeno io utilizzo spesso quella parola: la uso, ad esempio, parlando di Berserk e altre pochissime opere.
Il tuo articolo doveva essere necessariamente sintetico ed infatti il target penso sia diverso dal mio, che non aveva alcuna aspettativa, essendo di fatto un commento, un parere personale che pu� ancor pi� esser ignorato rispetto al tuo articolo. Francamente mi ritroverei in maggiori difficolt� nei tuoi panni, dunque non rammaricarti del tuo lavoro che invece penso sia eccellente date le poche righe disponibili a illustrare l’oggetto in esame.
Ultima cosa, chiss� perch� chiunque abbia un minimo di senso critico abbia notato questo eccessivo e ingiustificato fanservice in Nisemonogatari: significa che la mia impressione, essendo eguale a quella di altri, trova fondamento. Mi ritrovo davvero soddisfatto di vedere che l’occhio attento non manca a molte persone e che non era solo una mia svista questa critica che muoverei tranquillamente alla seconda serie di Monogatari.
Toshi 10 Aprile 2012 il 22:34
Avr� visto 3-4 puntate di bakemonogatari e mi ha abbastanza annoiato. Come li definisco io, � uno di quegli anime che sembra voglia dirti tutto invece non dice niente.
Un p� di fanservice qua e l�, storielle anche simpatiche e riflessive ma che alla fine rimangono appese. Ho apprezzato la storiella del granchio che ruba il peso, potevano costruirci l’intero anime sopra, raccontando la storia in maniera lenta, tediosa, con mille riflessioni interiori, dialoghi interessanti e incomprensibili allo stesso tempo. Invece no, dovevano far vedere la mezza storiella d’amore che nasce tra i protagonisti, dovevano raccontare la storiella della bambina moe che si perde, allora anime droppato selvaggiamente e senza piet�.
La cosa che odio degli anime di oggi � la classica trama iniziale che hanno quasi tutti: il ragazzino sfigatello di turno incontra la ragazza bona che gli andr� dietro. Contornano la cosa con roba che pu� sembrare filosofica e hanno fatto il prodotto perfetto per otaku (maledetta eredit� evangelion).
Un’altra cosa di cui non mi fido sono le light novel. In Giappone quasi tutte le light novel vengono scritte per ragazzini otaku, e quelle che hanno pi� successo diventano puntualmente anime. Quasi tutti gli anime tratti da light novel infatti sono pessimi.
Jacques Mate 11 Aprile 2012 il 00:54
Sono molto in disaccordo con quest’analisi,derivata oltretutto da una visione assolutamente limitata e parziale dell’anime.
I punti di critica hanno validit� differente: il fanservice, come gi� detto, � il punto debole pi� che altro della seconda serie. Nella prima � rappresentato pi� che altro, nelle prime 4 puntate dal costume solito che si adotta nella costruzione del nucleo partecipativo al cast: il protagonista maschile attorniato da ragazze che ne costituiscono volenti o nolenti un harem, parti di un ruolo che le vede costrette a questo. Certo, se non fosse che in realt� lo spessore dato ai personaggi � del tutto singolare, dall’apporto che recano alla storia e nei collegamenti tra loro. Definire ‘bona’ ad esempio Senjougahara mi par forzato: ad esempio, nonostante ci si lamenti del fanservice in tutta la serie � assente il classico personaggio femminile dal seno spropositato, inflazionatissimo negli shounen e valvola di sfogo per la frustrazione sessuale del tipico studente nipponico (cos� come vuole la tradizione, in un certo senso). Inoltre il protagonista, Koyomi, non mi sembra affatto sfigato, ma anzi ben consapevole delle sue possibilit� nell’aiutare e nel poter far fronte alle difficolt�: sa come procedere dinnanzi alle problematiche sollevate da ogni personaggio femminile e spesso si sacrifica con cognizione di causa. Siamo distanti anni luce da Shinji ed Evangelion.
La mezza storiella d’amore � solo un altro spunto per creare rapporti di tensione con altri personaggi della serie: di fatto non ci sono tenerezze tra i due fidanzatini, non un bacio o una carezza, ma il rapporto � spesso platonico, malizioso e quasi concettuale, sulla falsa riga dell’intero stile della serie.
Hachikuji Mayoi � forse il personaggio pi� interessante: essendo una loli, e dunque facilmente capro espiatorio delle accuse di fanservice, spicca proprio per l’abilit� del gioco del linguaggio: i discorsi pi� complessi e intricati che Koyomi intraprender� saranno spesso e volentieri con Hachikuji; inoltre, come se non bastasse, � lei stessa a rimanere sulla borderline del diegetico/extradiegetico quando ad esempio nella prima puntata della seconda serie afferma che i suoi slip debbano essere da bambina per soddisfare la domanda del pubblico: quale critica allo stereotipo della loli migliore di questa poteva essere fatta?
Le light novel, invece, solitamente donano spunti ottimi per le serie anime, a mio parere, come gi� detto prima. Ovviamente ce ne sono di pi� complesse e valide rispetto ad altre, ma questo vale con qualsiasi prodotto artistico. Citerei, un esempio che gi� di per s� dovrebbe comunque far riflettere sull’affermazione che le light novel siano di scarso valore: Fate/Zero. Se davvero credi sia una narrazione di poco conto, il solo dialogo del Graal dovrebbe farti ricredere. E ti assicuro che ce ne sono molti altri altrettanto importanti e impressionanti, per un’opera che viene comunemente intesa sotto la categoria ‘shounen’ (erroneamente, dato che anche la serie animata � stata addirittura censurata per alcuni contenuti espliciti troppo forti, ad esempio).
RebirthPhoenix 11 Aprile 2012 il 18:32
Da come la descrivete, sebbene riassunta non sembri tanto innovativa, parrebbe interessante.
Quel che mi trattiene dalla sua visione � appunto il fanservice che preferirei evitare.
Sapete se sia reperibile in italiano o in inglese la light novel?