Come penso di aver detto già agli inizi di questa serie di articoli, il motivo per cui ho iniziato questa rubrica era voler mettere alla prova la mia “soglia del disagio”. Visto l’ordine progressivo dei titoli confidavo che, prima o poi, qualcosa andasse a toccare dove avrebbe dovuto. E ci siamo arrivati.
Hadashi no Gen. Barefoot Gen per gli anglofoni. Questo film dell’83 è tratto da un omonimo manga che ha iniziato ad essere serializzato dieci anni prima. Rilevante, per il film, è il fatto che responsabile della sceneggiatura sia lo stesso autore del manga: Keiji Nakazawa.
I film animati in realtà sono due, ma io mi concentrerò solamente sul primo. C’è da sottolineare come entrambi facciano riferimento a fatti realmente vissuti dall’autore durante il periodo della guerra.
Hadashi no Gen tratta uno dei momenti culmine della seconda guerra mondiale: il bombardamento del Giappone tramite il primo ordigno nucleare sviluppato. Tutta la storia è vista dalla prospettiva di Gen, un ragazzino con una famiglia piuttosto numerosa: padre, madre incinta, sorella maggiore e fratello minore. Sorge subito una domanda nello spettatore, del tutto legittima: il Giappone è in guerra da ormai 4 anni, il cibo scarseggia, la malnutrizione dilaga e tu, padre, nonostante tu abbia già tre figli metti incinta tua moglie? Comportamento ben poco previdente, a mio dire. Certo è che Hiroshima gode di una falsa sicurezza. Infatti non è mai stata bombardata, fino all’arrivo dell’Enola Gay. Tutte le città attorno crollano, gli allarmi si susseguono, ma nessuna bomba cade su Hiroshima. Ciò instilla, nella famiglia di Gen quantomeno, una sicurezza di intoccabilità. Fatta eccezione per Gen, nessuno però arriva al punto di essere spavaldo e insofferente nei confronti degli allarmi dell’antiaerea.
L’aeronautica americana è ormai una costante nelle loro vite, tanto da riconoscere gli aerei dalla scia che lasciano e capire che c’è qualcosa di strano in quel B-29 che viaggia tutto solo in quel pomeriggio d’agosto.
L’esplosione e i danni alle persone causati da questa non ci vengono risparmiati, con mia grande sorpresa. I volti si sciolgono, i corpi bruciano e tutto ciò che entra a contatto diretto con la luce e il calore dell’esplosione perisce. Anzi, non tutto. Il dramma è anche questo: essere più morti che vivi ed essere costretti a vivere in un corpo ormai dissacrato e incapace di ospitare la vita. Gen e la sua famiglia si salvano dal danno diretto dell’esplosione ma subiscono i danni collaterali. L’architettura lignea giapponese mal si sposa con un output di calore di 4000°C ed infatti subito sorgono incendi sulle macerie. Gen e la madre non riescono a trarre in salvo gli altri membri della famiglia rimasti schiacciati sotto le macerie della casa, ora in fiamme. Qui abbiamo la prima scena che colpisce a livello emotivo: Gen totalmente incapace di aiutare i fratelli e il padre e costretto a sentirli bruciare vivi.
Gen si ritrova quindi a doversi prendere cura della madre incinta e del nascituro arrabattandosi in una città ormai desertica e popolata da morti viventi. Uno dei principali problemi sono l’acqua e il cibo, ormai quasi del tutto introvabili visto che la radioattività sta già facendo il suo corso nell’avvelenarli. Vuoi per scelta dell’autore, o per scelta cinematografica, si vedono pochi atti di “follia” e molti più atti di compassione e cooperazione. In una situazione di disastro totale come questa mi aspetterei più un “homo homini lupus” che l’aiutarsi reciproco. Ma forse sono cinico io…
Il film è pieno di immagini forti, ma soprattutto ha delle notevoli scene che colpiscono sentimentalmente. Per quanto il “Troppo tardi, Gen. Troppo tardi.” mi abbia fatto piangere in maniera ignominiosa, devo dire che la scena che racchiude tutto il film è la seguente. Quando due tizi a caso commentano in modo acido la decisione di Hiroito di arrendersi agli americani (dopo il bombardamento di Nagasaki) la madre di Gen chiede in modo per metà furioso, per metà accorato “Perché solo ora? Perché soltanto adesso?”.
Il Giappone sapeva di aver perso la guerra già alla sconfitta delle Midway, perché quindi aggravare le condizioni della popolazione in tal modo proseguendo la guerra per altri anni perennemente sulla difensiva arrivando persino a subire danni ingenti sul Continente? Domanda un po’ inutile, forse retorica.
Il dopoguerra giapponese è stato duro, ed in particolar modo per quella fetta di popolazione nei pressi di Hiroshima e Nagasaki che fino a qualche anno fa ha sofferto per i danni da radiazioni dovuti alle due testate.
Il film, per sceneggiatura, mi è piaciuto tantissimo. Colpisce esattamente dove deve e ne consiglio vivamente la visione a tutti. La realizzazione grafica è un po’ carente nelle animazioni, mentre i fondali sono davvero ben realizzati e le illuminazioni pure. Ho trovato un po’ “sguaiato” il doppiaggio giapponese; troppo urlato anche quando i dialoghi prevedevano un tono di voce da conversazione normale. Sarà che è dell’ ’83, non saprei. Musiche eccezionali.
Prima di lasciarvi vorrei trattare in breve un ultimo argomento. Qualche tempo fa, in una scuola elementare giapponese, è stato deciso di eliminare dalla biblioteca la serie in volumi di Hadashi no Gen. E’ un manga presente in quasi tutte le scuole elementari, usato dagli insegnanti come materiale didattico per integrare l’insegnamento sulla seconda guerra mondiale. E’ stata vietata l’accessibilità diretta da parte dei ragazzini di quella scuola elementare. Ad essere contestata non era tanto la crudezza di certe immagini che raccontano i bombardamenti ecc., quanto la crudezza delle immagini che mostrano certi comportamenti tenuti dai soldati giapponesi in quel periodo. E’ mia opinione che i soldati, in periodo di guerra sul campo di battaglia, siano tutti uguali. Comportamenti efferati si possono avere, si sono avuti e si avranno in tutti gli schieramenti su qualsiasi fronte. Inutile mascherare certi comportamenti dipingendo i propri soldati come santi.
E i giapponesi non sono nuovi a questo tipo di revisionismo; perché sì, si tratta di un’altra forma di revisionismo storico. Non tratterò il massacro di Nanchino solo perché finirei per pontificare ad libitum; ma questo è un chiaro esempio di come, dal dopoguerra fino ad oggi, ci sia stata la volontà da parte di alcuni giapponesi (non sia mai che si faccia di tutt’erba un fascio) di negare azioni, avvenimenti e fatti che li mettono sotto una cupa luce. Ma secondo me è un errore da parte dei giapponesi, questo. Potrebbero farsi vanto di come in breve tempo il loro Stato si sia demilitarizzato (circa) e di come il Giappone abbia un volto completamente differente rispetto al passato, invece cercano di nascondere la polvere sotto il tappeto.
Io mi fermerei qui. Abbiamo ancora due titoli in lista e il prossimo è Plague Dogs. Torniamo in occidente.
Alla prossima.