E mi sento di dire, dopo le tre pellicole precedenti: finalmente. Quando iniziai questo progetto le mie aspettative si erano tarate aspettandosi il peggio, e con Felidae iniziamo a intravedere quello di cui andavo in cerca.
Felidae, lungometraggio del ’94 di produzione teutonica. I tedeschi hanno partorito anche il libro da cui è tratto il film in questione, “La società dei gatti assassini”. Come sempre ci sono divergenze tra libro e film, ma non potrò affrontarle vista la mia mancanza di preparazione a riguardo del supporto letterario. Ma questo bel film ci darà sufficiente materiale per discutere.
La storia è un giallo, un thriller cupo. E i gatti sono solo un tramite con cui stereotipare l’uomo; troviamo infatti diversi personaggi “classici” in quelli che possono essere romanzi gialli o dell’horror d’inizio ‘900. Il protagonista integerrimo, la spalla, la femme fatale ecc. Tutti saggiamente impiegati in un orrifico caso che apparentemente sembra serial killing. Fino a che la verità non viene a galla, rivelando un fragile villain vittima di un’orrore che esula dal mondo animale.
Ci sono diversi temi che vengono presentati allo spettatore e nessuno di questi è di facile digestione. Sperimentazione animale, eugenetica e crudeltà dell’uomo nei confronti del regno animale. E questi argomenti voglio affrontarli in merito alla pellicola; accennerò agli argomenti in senso assoluto solo parzialmente visto che la delicatezza di tali temi potrebbe far nascere qui pro quo e discussioni futili a causa della mia scarsa capacità di esprimermi.
In questo film è molto presente l’ampio concetto di eugenetica e di indirizzamento della specie verso un risultato prefissato. Non tanto dall’uomo, quanto da parte degli stessi gatti. Il villain in questione per favorire l’andamento della popolazione felina della zona verso un output genetico da lui scelto comincia a uccidere certe gatte, o alcuni gatti che si rifiutano di accoppiarsi con chi lui dica. Qual è lo scopo? L’evoluzione? No, questo impiego basilare delle teorie mendeliane è mirato all’involuzione della specie. L’obiettivo è riportare la specie felina all’inselvatichimento per renderla più robusta e capace di maggiori “difese” dai soprusi umani. Eliminare le “impurità”. Permettetemi di sentenziare in modo maligno: un tema che non sorprende venga trattato da un tedesco. Se trasportassimo l’opera nel mondo umano e alla fine degli anni ’30 in Germania ci troveremmo nell’ambientazione perfetta. Ma a parte queste banalità, il tema eugenetico si fa vivo in tutto il suo lato peggiore tramite il controllo esterno. Ricorderò male, ma da quelle poche lezioni/conferenze di genetica che ricordo (e potrei ricordare male) si diceva che il pool genetico di una certa area è portato automaticamente a migliorarsi nel lungo periodo visto il progressivo decadere dei geni recessivi negativi ivi presenti, ed anche grazie al contributo di nuovi geni da pool genetici differenti. Ma potrei sbagliarmi. Sta di fatto che il controllo eugenetico non ha mai portato ad effettivi risultati, od almeno non che io sappia. Ma io sono un architetto, quindi con la genetica (mio passatempo) c’entro poco.
Il villain che decide di intraprendere tale progetto lo fa a causa delle ferite spirituali, oltre che fisiche, subite durante il suo periodo in un laboratorio di ricerca come cavia. Qui si apre l’annosa, controversa, da me odiata, questione della sperimentazione animale. Questione che a mio avviso andrebbe scissa, forse, in base al campo di ricerca in cui si effettua la sperimentazione. Cosmetica, farmaceutica, o che altro. Se posso condividere la scarsa utilità della cosmesi, meno transigo sulla sperimentazione in campo farmaceutico e sulla sua effettiva utilità. Ma a parte la mia posizione in materia, che non è di interesse a nessuno ora, direi che non c’è molto altro da dire al riguardo. Potremmo parlare di quanto fosse poco professionale il laboratorio che conduceva gli esperimenti su questa sostanza capace di riparare i tessuti. Anzi, più che il laboratorio, a mancare di professionalità era il caposezione che conduceva l’equipe. Preterius, questo il suo nome, mostra come l’alcolismo possa trasformare un brillante scienziato dotato di un laboratorio all’avanguardia in un dottor Frankenstein che conduce le sue ricerche in un ambiente insalubre ed ormai totalmente al di fuori del campo scientifico-accademico.
Il film è ottimo. Coinvolgente e travolgente, in alcuni punti. In poco più di un’ora e venti si snoda una trama completa e, soprattutto, interessante. Cosa non facile, neanche di questi tempi potendo sfruttare anche 120 minuti. Come dicevo prima, quest’opera sembra uscita dalla penna di Poe o diretta da Hitchcock. Certo, vi sono gatti sventrati o decapitati, ma c’è una delicatezza nella narrativa che alleggerisce l’atmosfera altrimenti terribilmente opprimente. Molti si son sentiti profondamente turbati dagli incubi del protagonista, Francis, ma se avrete la forza di arrivare fino alla fine dell’opera potrete constatare come quegli incubi non siano altro che ciò che rappresentano: incubi. Ciò che voglio dire è che all’interno di Felidae gli incubi dovrebbero essere la componente meno inquietante dell’intero titolo e che ciò che dovrebbe turbare di più lo spettatore sono i fatti reali che prendono corso durante il lungometraggio.
Visione caldamente consigliata a tutti. Magari non alle sorelline più piccole.
Sulla nostra lista, il prossimo titolo è Hadashi no Gen. Be prepared. Alla prossima!
Silvia Letizia 21 Maggio 2014 il 19:59
Il libro era uno dei miei preferiti quand’ero piccola xD
Blady 21 Maggio 2014 il 21:30
Bello ed intrigante. Oltre all’aspetto genetico ho apprezzato molto quell’atmosfera mistica donata dalla setta, dai sogni e dalle catacombe.
Bella recensione. “Blady was here”
ichigo_rulez 22 Maggio 2014 il 10:28
mi hai fatto interessare a sto film 🙂 me lo vedr� sicuramente. Per� mi permetto di dire che la sperimentazione serve eccome. Ma non per cosmetici e stronzate varie. ora, non so se ho capito male io quello che hai detto (possibile), ma mi pare che tu sia del parere opposto D: