Sono su un treno Mestre – Bologna e ho appena finito di vedere il secondo episodio di Aku no Hana. Episodio che tratta il nodo narrativo principale, quello che determinerà tutto il resto dell’opera.
Kasuga è tornato a prendersi I Fiori del Male e si ritrova davanti la sacca di educazione fisica di Saeki. Nasce subito in lui la tentazione di allungare una mano per afferrarla, ma un briciolo di razionalità lo blocca prima che possa anche solo toccarla. Si blocca però sulla porta. E’ solo, in un edificio pressochè vuoto, col la possibilità di entrare in contatto indiretto con la sua “musa ispiratrice”: la tentazione è forte, tanto forte da fargli cambiare idea e protrarre il misfatto, se così possiamo chiamarlo. Non fa altro che prendere la sacca, aprirla, tirarne fuori la tenuta da esercitazione. Questo contatto lo distacca da quanto gli sta attorno; a riportarlo alla realtà è un suono che gli instilla la paura di essere stato osservato.
La paura, come ben si sa, è il motore dei più grandi atti (positivi o negativi che siano) e in questo caso non fa eccezione: Kasuga reagendo d’istinto nasconde t-shirt e bloomer sotto la sua divisa scolastica e si fionda a casa; non ci pensa nemmeno a rimanere lì un secondo di più. A casa si rifugia in casa e medita sull’atto compiuto e giunge alla conclusione che ha compiuto davvero un atto orribile (“Sono davvero un fiore del male”). Il giorno dopo pare Saeki non sia presente e ciò dà la buona idea al protagonista di rimettere gli abiti a posto non appena troverà il momento adatto; vana speranza: Saeki era in sala insegnanti a denunciare il fatto e si ripresenta in classe col docente che mette al corrente la classe.
“Chi sapesse qualcosa, venga a parlarne con me.” Kasuga tace.
Kasuga è sulla via di casa in bici, e in un monologo interiore avviene una piena presa di coscienza della cazzata compiuta. Sono un peccatore ed espierò fino alla fine dei miei giorni, si dice. Si presenta prepotente anche il desiderio di fuga, caratteristico del personaggio: vorrebbe lasciare la città, una città in cui non si riconosce, una città circondata da montagne che ne imprigionano gli abitanti. Nasce quindi la frustrazione frutto della consapevolezza che non potrà mai realizzare il suo scopo. Si vede quindi costretto ad una vita di solitudine. Nakamura interrompe questo flusso di pensieri con la sua presenza, sembra infatti aspettarlo.
Kasuga fa dietro front, non ha intenzione di avere a che fare con i suoi compagni di classe e le dice che se ne sta andando in libreria per recuperare un libro ordinato. Al che la ragazza dimostra un certo interesse per quel libro sconosciuto che Kasuga legge sempre durante le lezioni (lei è al banco dietro di lui), seguono brevi risposte secche di Kasuga che s’interrompe quando la tipa sale sul portapacchi e senza ascoltarlo minimamente gli dice “Portami oltre quella collina e io non dirò a nessuno quello che hai fatto”. La richiesta è bizzarra e fuori luogo (la collina è distante assomiglia più a un monte) e Kasuga si rifiuta.
“Ti ho visto.”. Tre parole che inondano di terrore Kasuga e lo spingono a piantare in asso ragazza e bicicletta per fuggire a piedi verso casa.
Una volta a casa il padre gli chiede di prestargli il libro nuovo che ha comprato visto che lo interessa. Il figlio gli dice che non è proprio passato dalla libreria. La madre gli chiede come mai non c’è la bici a casa, il figlio risponde che l’ha lasciata alla libreria. Come mente male questo ragazzo: è in una stanza con due persone diverse, dà due versioni diverse della storia e a dieci secondi l’una dall’altra. La madre è, infatti, visibilmente perplessa; Kasuga fugge in camera e il padre gli copre le spalle rabbonendo la madre.
Il nostro protagonista decide di battere sul tempo la rossa: essere sincero, restituire gli abiti e rassicurare Saeki che si è trattato tutto di un malinteso e che non c’erano cattive intenzioni nel gesto da lui compiuto. Splendido, no? Sì, splendido… Se non fosse che al momento adatto Kasuga non trova il coraggio per farlo, terribilmente preoccupato delle conseguenze, che sicuramente ci saranno, e di ciò che potrebbero dire i compagni o Saeki stessa. Si tiene quindi la cosa per sé.
Arriviamo quindi alla parte finale dell’episodio, quella che contiene il fulcro della serie. Nakamura passa un bigliettino a Kasuga dicendogli di aspettarla in libreria dopo le lezioni. Quando s’incontrano ecco che Nakamura si dice disposta a perdonare il suo atto. Meraviglioso. A condizione che, ecco la fregatura, lui sia disposto a fare un contratto con lei. Un contratto? Che contratto? Kyubei, is it you?
Ecco che si presenta Saeki. “Volevi parlarmi di qualcosa, Kasuga?” Il nostro beniamino è spiazzato sia dalla proposta di Nakamura, a cui non ha risposto, sia della presenza di Saeki, da lui non prevista. Resta ammutolito. Nakamura lo spinge avanti e lo invita a parlare. Lo spinge ancora, “Avanti, dì a Saeki quello per cui sei venuto qui”. Lui non sa da dove cosa dire, Saeki attende, arriva il terzo spintone d’incoraggiamento di Nakamura. Con quest’ultimo Kasuga finisce col volto direttamente sul seno della compagna di classe. Un misto di vergogna e di violazione pervade Saeki. Kasuga non sa ancora bene cosa sia accaduto e l’unica cosa che riesce a fare è scusarsi. Saeki fugge. Kasuga è nel panico.
Nakamura sorride: “Sei finito esattamente dove volevo. Allora? Come è stato? Come ti senti, cosa provi? Per domani mi scrivi un saggio a riguardo. Abbiamo stipulato un contratto, dopotutto.”
In questi primi due episodi abbiamo ricevuto un breve, ma approfondito, compendio di: stati d’animo, sensazioni, sentimenti, atteggiamenti, insomma quello che potremmo chiamare “profilo psicologico” dei vari personaggi. Da qui in avanti la situazione peggiorerà portando, oltre ad atti estremi, anche a reazioni, ragionamenti ed all’espressione di pensieri fuori da ogni logica che la maggior parte della gente definirebbe “normale”. Quindi un’evoluzione interiore dei personaggi non da poco. Evitando di cadere in un errore fondamentale di attribuzione e quindi etichettare i personaggi per ricondurli a logiche che fanno comodo a noi, cercheremo di analizzarli il più possibile per poterne poi estrarre quelli che sono moventi, cause scatenanti, ideologie base e tutto ciò che determina il modo di agire o di pensare di una persona. Quella che mi propongo di fare d’ora in poi è soltanto un’interpretazione che io traggo da l’unica cosa esplicita analizzabile, ovvero il comportamento e le azioni. Ciò significa che non è l’unica chiave di lettura e chiunque può venire a contraddirmi portando avanti sue riflessioni al riguardo.
Vi rimando alla settimana prossima. Prima o poi il buon Regola scriverà un articolo a riguardo di quest’opera e delle forti diatribe che ha accesso sul web per quanto riguarda la realizzazione stessa dell’anime. Un punto che, dal basso della mia ignoranza, ho solo sfiorato nel primo articolo e che mi son ripromesso di non ri-affrontare vista la mia approvazione.
Continuate a seguirci, domani torno con l’episodio numero due di Oreimo!
Regola 13 Aprile 2013 il 15:44
Lungi da me dare ora una valutazione al tutto, la sentirei come prematura, ma come dici Kirisuto alla fine della trattazione prossimamente tratter� in maniera molto particolare questo anime che, come dissi quella sera in cui usc� il primo episodio sulla nostra pagina di Facebook (invece di andare a dormire che il giorno dopo dovevo partire alla volta di Roma per il Romics di Primavera…), sta dividendo il pubblico in sostenitori e denigratori.
Ma delle opinioni dei singoli non m’interessa granch�, quello che vedo io � un prodotto particolare, innovativo, su cui non discutere sarebbe per il sottoscritto (appassionato di animazione giapponese e laureato in psicologia… questa serie � un invito a nozze, in pratica) una grave mancanza. Quindi per ora non do valutazioni di nessun genere (anche perch�, come dicevo, sto ancora metabolizzando) ma consiglio a tutti coloro che decidono di guardare quest’anime di ignorare qualunque influenza esterna e decidere per se stessi, dopo un’attenta visione, se si apprezza il prodotto o meno.