Qualche giorno fa per festeggiare i venticinque anni di Akira un massiccio gruppo di appassionati di animazione giapponese, compreso il sottoscritto (accompagnato da altri che lascerò anonimi e il nostro blogger della sponda occidentale del fumetto Rorschach), si sono recati al cinema per poter assistere alla proiezione sul grande schermo della pellicola che più di tutte rappresenta Katsuhiro Otomo, Akira. E quindi dato il tempo di metabolizzare, di liberarsi di altri impegni eccomi qui per parlarvi di un anime che di media è possibile dare per scontato che tutti l’abbiano visto: quindi la storia, il tema, il tipo di ambientazione sono ben più che noti e posso permettermi di non soffermarmi eccessivamente sulla loro trattazione.
Mi capita di guardare Akira, per un motivo o per un altro, almeno una volta l’anno, e sebbene sia in grado di recitare a memoria alcuni spezzoni del film durante la visione essa non mi annoia mai. Il cyberpunk, un genere che adoro quando preso a piccole dosi, trova uno dei suoi esempi perfetti nel lavoro di Otomo, che lo rappresenta degnamente quanto pellicole come Blade Runner, Johnny Mnemonic, il primo Matrix, Dark City… per l’animazione vale la pena ricordare anche Serial Experiment Lain. Senza contare poi la tormentata e affascinante storia di questo anime: distribuito nelle sale quando il manga non era ancora concluso (Akira, sebbene composto da 12 volumi, impegnò Otomo dal 1982 al 1990… visti i risultati mi pare tempo ben speso), è stato uno dei primi film a usare effetti di computer grafica qualitativamente ottimi per rendere alcuni dei poteri mentali usati dai personaggi, mentre per quanto riguarda la tecnica del pre-recording, si trattò di un’innovazione per l’animazione giapponese. Questa tecnica consiste nel registrare in anticipo il doppiaggio e realizzare le animazioni sapendo cosa i personaggi dicono, riproducendo quindi perfettamente anche la parte labiale del linguaggio: certo, effetto valido solo per il doppiaggio originale, ma altra testimonianza di quanta cura e ossessione siano state investite nella creazione di queste due ore di film. Probabilmente troppa attenzione, perchè ai tempi del suo esordio cinematografico, gli incassi del botteghino non coprirono neppure i costi della realizzazione… a due decenni e un lustro da questa scommessa, comunque, la pellicola ha fruttato lauti guadagni alla Kodansha (manga) e all’Akira Committee Company (anime) soprattutto per le continue ristampe del manga e la distribuzione dei VHS, e successivamente dei DVD. Per non parlare del merchandising vario.
Il grosso problema che negli anni ho riscontrato con Akira non è legato alla pellicola stessa ma alle persone che la guardano, o la riguardano continuamente ponendosi le solite inutili e sterili domande. Probabilmente vittime di un fraintendimento, pensano che il film sia un riassunto del manga: sebbene sia verosimile come ricostruzione, coloro che lo hanno letto sapranno bene quanto sia difficile sostenere con certezza una tesi tanto semplice. Si, gli elementi presenti nell’anime sono indubbiamente riferiti a quelli del manga, ma la loro presentazione, e il modo in cui i fatti si evolvono, distaccano per certi versi la pellicola dalla carta stampata rendendo la prima poco più che un omaggio (e una parodia, nel caso di alcuni personaggi) al manga che Otomo stava disegnando. Ancora, è impossibile, a mio avviso, comprendere il film senza aver letto almeno una volta il manga; e sorprendentemente finisco sempre per rendermi conto che per ogni dieci persone che vedono il film, forse una ha letto (o leggerà) l’opera di base.
Senza un primo passo per definizione “intellettuale” è impossibile approcciarsi al secondo, e comprendere appieno quale fosse l’obiettivo e la ragione che Otomo aveva per dannarsi con l’estenuante realizzazione di Akira. A me, che il manga l’ho letto molti anni fa, e riletto prima di lanciarmi in questo commento, l’anime continua sempre più a sembrare una spettacolare forma di autocelebrazione dell’estatica idea di grandiosità che Otomo aveva in mente. Realizzare qualcosa che fosse colossale sotto ogni aspetto, ma che dovesse essere guardato con lo stesso spirito che porta una persona ad attardarsi di fronte un immenso quadro… in questo caso dotato di suoni, tuttavia. Se così non fosse gli spettacolari fondali, gli ambienti, le decine di dettagli che arricchiscono ogni scena (anche quelle di transizione) e le evocative musiche non avrebbero fine se non quello dell’autocompiacimento: invece penso proprio che Otomo abbia voluto comunicarci quella gloria e quella grandezza, che faticosamente ha donato a ogni sua vignetta, in un modo che non ci fosse possibile dimenticare. Otomo, al pari di un pittore, non si è impegnato in un estenuante tentativo di farsi comprendere, concentrandosi piuttosto nella comunicazione di sensazioni che ogni singolo spettatore dovrebbe riconoscere, ed interpretare da sè.
E poi tanta azione, tanta violenza, tanto sangue… c’è chi si appassiona al cyberpunk per questo, chi lo fa per l’altra parte, quella delle insensate elucubrazioni sulla natura dell’essere, della mente, della realtà e quindi della vita. Elucubrazioni che nell’anime vengono messe in sottofondo rispetto alle detonazioni, ma lasciate comunque in modo che il lettore/spettatore possa recuperarle facilmente, indipendentemente dal fatto che ne sia o meno già a conoscenza. Elucubrazioni che non hanno (e non devono!) avere risposta precisa poichè esse esistono proprio in virtù della loro emblematicità.
Io sono uscito soddisfatto dal cinema, perchè ho sperimentato nel miglior modo possibile quella grandiosità di cui sopra parlavo. E sempre in virtù della visione, e dell’approccio ad Akira che oggi vi ho presentato non mi lancerò in facili ricostruzioni di significati e senso, non vi è nessuna utilità nel perdersi in essi: preferisco tenermi egoisticamente il piccolo senso che ho dato a tutto questo perchè è il significato che ho trovato per me stesso. Come quando guardi un quadro, dicevo, non ci si aspetta che compaia il pittore e presenti l’interpretazione, e bisogna accontentarsi in qualche modo del dubbio, oppure fare propria la domanda e arrivare a una risposta incerta e insicura, poiche quella reale è stata negata in quanto appartenente alla mano che ha dipinto la tela, e quindi intrinsicamente di sua proprietà.
Approvo quest’iniziativa della Dynit, il ventisei andrò al cinema per vedere il primo film di Puella Magi Madoka Magica (al costo di andarci da solo), così come andrò a vedere Wolf Children… invece Evangelion 3.0 resterà bellamente ignorato dal sottoscritto. Mentre per quanto riguarda le dicerie, e il progetto di fare un film di Akira… beh, disprezzo in modo feroce non solo la sua “occidentalizzazione” (Akira è ambientato a Tokyo, non una Manhattan che ricordi New Tokyo… lasciamo gestire i prodotti orientali agli orientali, quelli occidentali agli occidentali, per favore) ma anche alla sua realizzazione: non vorrei vi foste dimenticati di Dragonball Evolution.
zor(r)o 6 Giugno 2013 il 23:29
tra le tante mie mancanze c’� quella di non aver mai letto il manga di quest’opera.
nonostante ci� ho apprezzato davvero tanto il film!
bene � arrivato il momento di porre rimedio alla mia mancanza..
ottimo articolo!
MaxFactor 7 Giugno 2013 il 00:21
Io posso solo dire che mi aspettavo di vedere una versione rimasterizzata e digitalizzata come si sono goduti in Giappone!
Pagare 10 euro per vedere il DVD che ho a casa mi ha fatto particolarmente incazzare, non so voi…
Regola 7 Giugno 2013 il 10:35
D’accordo sui 10 euro, ma non c’era motivo di aspettarsi la rimasterizzata giapponese, perch� non era stato annunciato nessun acquisto del genere dalla Dynit…
MaxFactor 7 Giugno 2013 il 12:28
Ammetto di avere messo il pilota automatico preso dall’euforia…
Quando ho visto il prezzo poi ho pensato che era la versione nuova sicuramente 🙁
Rorschach 7 Giugno 2013 il 12:32
Lungi da me essere d’accordo con Regola…ma sono d’accordo con Regola.