Su questa nuova creatura di Panini Comics, ad opera della coppia di artisti (conosciuti anche per Don Zauker) Emiliano Pagani e Daniele Caluri, avevo già dato le mie impressioni qualche tempo fa (qui, per la precisione). Adesso, la serie è arrivata alla fine della sua ‘seconda stagione’ (va di moda dire così anche per i fumetti, pare) con il numero 12, e volevo tirare le somme di quando detto fino ad ora.
Se dovessi usare una singola parola per definire la seconda serie di Nirvana, cioè i numeri dal sei al dodici, non avrei dubbi: imprevedibile. Ogni numero, bene o male, andava nella direzione opposta a quello che mi sarei aspettato. I Paguri (a cui si aggiunge Bruno Cannucciari alle chine) abbandonano la struttura narrativa che stava alla base dei primi sei numeri (il protagonista Ramiro che, per aver fatto uno sgrarro al boss Occhionero Ronson, entrava nel programma di protezione testimoni ed ogni volta doveva trovarsi una nuova identità) e la narrazione su più piani temporali, per concentrarsi su uno storytelling più ‘normale’…che poi, è l’unica cosa normale che si può trovare in Nirvana.
Che è prima di tutto un fumetto umoristico… anzi, satirico. E la sua satira colpisce ad ampio spettro, come i Paguri ci hanno abituato già da tempo: dalla fede cattolica(ma non solo), alla polizia, dalle dinamiche editoriali al fumetto in generale, dal pubblico del fumetto in generale, a noi blogger, con una frecciata che ho trovato tanto graffiante quanto appropriata e che in fondo un pò ci meritiamo.
L’imprevedibilità di Nirvana, di cui parlavo poco fa, sta nel fatto che gli autori hanno inserito svolte inaspettate, e con una gestione dei tempi perfetta: quando, ad esempio, mette in un contesto comico una scena che prende a male, tanto è seria;
O nel finale, dove tutti si aspettano un certo sviluppo e questo non avviene…e il perchè di questa scelta lo dicono gli stessi personaggi del fumetto: proprio perchè se lo aspettavano tutti.
E, proprio sul finale, viene ribadito ancora una volta qual è il concetto di base di questa serie, che forse vuole dirci (per citare una fiction italiana molto famosa) che ‘un’altro fumetto è possibile’: non c’è un singolo personaggio che si possa definire positivo. Tutti agiscono per un motivo personale, quasi sempre egoista e infame. O se non lo fanno, fanno una scelta idiota, perchè in fondo sono degli idioti. Quello che gli autori vogliono dirci è che, in fondo, di speranza ce n’è poca. Perchè quei personaggi, pur senza le esagerazioni grottesche, siamo noi.