Un viaggio chiamato vita, di Banana Yoshimoto

di tappoxxl 4

Una raccolta di testi, o meglio: un mondo di pensieri, in un mondo di ricordi. Ecco come descriverei in poche parole questo libro. Banana Yoshimoto viene spesso accusata di un’estrema leggerezza nei suo scritti. In questo libro, la suddetta leggerezza accompagna il lettore in maniera esemplare. La lettura è scorrevole, ci sono molte informazioni da assimilare, ma nessuna di esse annoia chi legge. E così, la scrittrice passa da un ricordo della Toscana, a un viale in fiore di Tokyo, fino ad arrivare al Sud America più aspro. Ogni racconto emana emozione, ogni situazione genera stupore. La protagonista del libro è la scrittrice stessa. Le sue “avventure” si svolgono in giro per il globo e i suoi pensieri sono lo specchio dei suoi occhi. Banana ci racconta di come noi italiani, secondo lei, siamo sempre allegri perché, anche quando siamo tristi, ci basta mangiare un buon piatto italiano per stare subito meglio. Forse ha ragione, o forse no. Però, quando nostalgicamente afferma che, noi italiani, viviamo in base alle stagioni, o anche al semplice alternarsi del giorno e della notte, mi sento di darle ragione. Siamo un popolo che in inverno è più spento,  ma in estate si anima.

La scrittrice ammira questa nostra caratteristica e, paragonandoci con i giapponesi moderni, si sente di dire che NOI viviamo sul serio perché riusciamo ad aprirci in maniera incondizionata di fronte alle cose belle e buone della vita. Nel libro, la Yoshimoto, racconta molti dei suoi viaggi e paragona i popoli che incontra con il popolo giapponese moderno; più precisamente, con gli abitanti di Tokyo. Quello che si capisce leggendo il libro è che la vita dei Giapponesi non segue più eventi naturali, come le stagioni, segue i ritmi insostenibili delle multinazionali e le nuove linee guida del mercato globale. Paradossalmente la natura del Giappone non sembra risentire molto di questo cambiamento di stile di vita. Infatti, ogni primavera i ciliegi sono in fiore, ogni estate fa caldo e ogni autunno cadono le foglie. Questo ciclico alternarsi delle stagioni riporta alla mente della scrittrice tanti ricordi. Nel libro emerge infatti, un senso di nostalgia per una Tokyo che ormai non c’è più. Una Tokyo dove un tempo, quando nasceva un bambino, tutto il quartiere si interessava delle sorti della famiglia e del bambino stesso. Oppure, tempi in cui non si chiudevano a chiave le porte delle abitazioni perché ci si fidava dei propri vicini. Tempi in cui Tokyo era meno “macchina” e più “cuore”.

Proseguendo con la lettura, si viene assaliti dalla stessa nostalgia provata dalla scrittrice. Il dispiacere per un bar che tratta “meccanicamente” i suoi clienti, descritto dalla Yoshimoto, arriva fino al cuore di chi legge. Non definirei la scrittrice inferiore ad altri scrittori solo perché i suoi romanzi vengono apostrofati come “leggeri”. La definirei nostalgica, amorevole, passionale, emozionante e diretta. Questi aggettivi non sono messi a caso ed esplodono con forza in ogni ricordo descritto nel libro. Ogni pagina merita di essere letta e come dice la scrittrice: ”Tutte le cose di questo mondo un giorno non ci saranno più, e non importa quanta voglia avremo di andare: non si potrà più andare. E allora in questa vita voglio accumulare tantissimi ricordi.”

Commenti (4)

  1. Bell’articolo. Io adoro i libri della Yoshimoto! Non condivido l’accusa di leggerezza sui suoi scritti. La Yoshimoto tratta quasi sempre temi come la vita e la morte, la sofferenza, ma anche l’amicizia e l’amore. Se proprio dovessi usare un aggettivo per definirla, direi che � “delicata”. Adoro il modo in cui i personaggi evolvono durante la storia e, il pi� delle volte, cambiano radicalmente la loro prospettiva sulla vita e sugli affetti.
    Questo libro non l’ho ancora letto, ma spero di farlo presto, perch� sembra interessante.

  2. Sostanzialmente � un bel articolo, le uniche osservazioni che mi sento di fare � magari quella di inserire qualche capoverso per rendere la struttura del testo pi� facile e scorrevole nella lettura. Starei attenta alle ripetizioni…

    Mentre sono d’accordo con kiki nel disapprovare la definizione di “eccessiva leggerezza” della scrittura della Yoshimoto, la sua � una scelta stilistica, una specie di flusso di coscienza, quando gli argomenti che tratta sono molto profondi ed incisivi..
    ma forse in questo libro, essendo una sorta di raccolta di appunti di viaggio, la cosa traspare meno.

  3. bello l’articolo…
    ma ho 2 libri della Yoshimoto, e vi dico anche i titoli: ‘Tsugumi’ e ‘Presagio triste’, mi spiace ma l’ultimo non sono riuscita nemmeno a finirlo. I libri non incontrano i miei gusti, ma allo stesso modo posso dire che non � ‘leggera’ anzi in alcuni punti di ‘Presagio triste’ era veramente super pesante…
    ^-^ scherzo era una battuta! -meglio scriverlo senn� vi incavolate tutti-
    comunque condivido il vostro disappunto sul commento che le si fa sulla ‘leggerezza’ degli scritti.

  4. non sono d’accordo nemmeno io con chi dice che il suo metodo di scrittura � “leggero”…ma dovevo dire di come l’opinione pubblica scriva dei libri della yoshimoto…non tutta l’opinione pubblica ma buona parte dei critici d’arte….per rispondere a menmozina, non ho inserito altri passaggi del libro perch�, sinceramente, non mi � venuto in mente…

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