Kiseiju no Kakuritsu (Parasyte) – Recensione

di Kirisuto 2

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Torniamo a parlare di anime. Questa stagione è un po’ povera di titoli, ma ogni settimana vi parlerò di un’opera che mi ha colpito positivamente. Lasciando che nel frattempo si accumulino episodi di cui poter parlare, vorrei trattare di Kiseiju no Kakuritsu, conosciuto come Parasyte: the Maxim.

 

Questa serie è un continuo della stagione precedente e mi ha sorpreso sotto alcuni punti di vista.

 

Iniziamo col dire che Parasyte è tratto da un manga. Un manga vecchio. Stiamo parlando di 24 anni fa (1990 per quelli arrugginiti in matematica). Curioso che dopo così tanto tempo si sia deciso di adattare quest’opera bella che conclusa. Un ‘adattamento che, guardando ai soli 10 volumi di cui è composto il manga, mi fa pensare sarà capace di fornire un finale entro i 24/25 episodi senza necessitare di un’altra stagione da 12. Stiamo parlando del prodotto anime perfetto: tratto da un’opera conclusa e capace di risolversi in un quantitativo di episodi nella media senza interruzioni mediane. Perfetto al di là del contenuto. Nella marea moderna di “Prime Stagioni” senza seguito trovare un titolo del genere scalda il cuore e fa versare una lacrimuccia al di là del contenuto che poi ci propone.

 

Parasyte è un bel seinen d’azione e fantascienza. Più d’azione che di fantascienza visto che, a conti fatti, risposte in merito ai parassiti ancora non ce ne sono avute e siamo quasi a metà della seconda stagione. Una narrazione ben misurata e calibrata che sa mescolare dramma personale, interazioni umane falsate, scontri/violenza e suspense. Qualcuno potrebbe dire che in quest’anime “parlano troppo”, un’affermazione che deriva da aspettative dettate dal pregiudizio. E’ comprensibile, data la natura dei parassiti e degli ospiti, aspettarsi che vi siano scontri, battaglie e violenza ma non è questo il focus di Parasyte.

Questo anime cerca di porre l’attenzione sulla relazione tra estranei. Il diverso, l’ignoto, l’altro. Un tema che, ieri come oggi, è sempre presente e continua a pressarci. In che modo reagirai quando sarai forzato a convivere con un estraneo? Parasyte estremizza la convivenza sfruttando il parassitismo biologico legando i due protagonisti da un vincolo che non possono spezzare. Il modo di reagire, assegnato alle due parti, è riconducibile, a tratti, a quello dei due organismi in gioco in una relazione simile (ospite e parassita).

La convivenza se pacifica e mirata a un’obiettivo comune può fornire risultati al di là delle aspettative. Sorge quindi una domanda: la situazione tra Migi e X può definirsi di parassitismo? Migi non sfrutta X ma ne dipende, X non ne dipende ma ne ha ricevuto dei giovamenti evidenti. Questo per me è più simile alla simbiosi. Il parassitismo ha sempre una connotazione negativa, e lo si può individuare in quei parassiti che, nell’anime, prendono il totale controllo dell’ospite. Ma Migi, fallendo, dà vita a uno status non previsto, la simbiosi per l’appunto.

 

Passando ad aspetti più “tecnici” ed abbandonando i contenuti, c’è da dire che Parasyte si presenta bene. Buone musiche durante gli episodi, ma delle opening che le superano di gran lunga. La scelta del genere musicale, assieme alla resa grafica, ha fatto sì che io fossi tratto in inganno dalle remote origini di Parasyte. Ed anche qui sta la forza di questa storia: essere fresca/interessante dopo 25 anni che è stata raccontata la prima volta. Personaggi, temi, tutto concorre a rendere una storia, sulla carta prevedibile, ma alla resa dei conti avvincente e accattivante. La qualità dell’animazione è buona; animazioni buone in momenti topici, freno a mano tirato quando si tratta di dialoghi e quant’altro. Il fatto che, grosso modo, la qualità sia rimasta discreta lungo tutto il corso della serie (fino ad ora) fa pensare ad una ragionata e ben organizzata gestione del budget.

 

Fino a qui tutti pregi, ma che difetti ho trovato in Parasyte? Nessuno di veramente vistoso e fastidioso, ma forse alcuni episodi con molti dialoghi risultano alquanto lenti; un po’ troppo anche per una persona ben cosciente che nella storia non ci sono solo mazzate. Lentezza, in alcuni punti, e parallelamente qualche ripetizione di trama; capita, in tutti gli anime, che in alcuni punti si trattino nuovamente discussioni e temi già affrontati senza però giungere a nuove soluzioni.

Niente di esagerato o estremamente pesante, ma a tratti percepibile.

 

Un anime che vi consiglio di recuperare se questa stagione avete deciso di glissarlo. Non è l’anime del secolo, ma vi ripagherà ampiamente del tempo speso, e non molti titoli oggigiorno possono vantare ciò.

 

Io vi rimando alla prossima settimana, con un nuovo titolo. Tutto nuovo. Parleremo di magia.

 

Commenti (2)

  1. Semplicemente l’anime migliore del 2014 ed a questo punto anche del 2015, anche se mi aspetto buone conferme anche dalla seconda stagione di Knights of Sidonia. E’ incredibile la tensione e la sorpresa che riesce a trasmettere questo anime, per non parlare degli scontri, che sebbene non siano molto lunghi, sono realizzati molto bene secondo me.
    Una possibile sorpresa per quel che riguarda gli anime potrebbe essere costituita dal nuovo adattamento di Ushio e Tora, anche se non so quando è prevista la messa in onda. Certo che è triste vedere che le cose migliori vengono da adattamenti di manga vecchi, mentre finora i tre “nuovi” che ho seguito Terra Formas, Tokyo Ghoul e Seven Deadly sins mi stanno deludendo molto (sopratutto il primo). Spero che la seconda stagione dell’attacco dei giganti risollevi un pò la qualità degli anime che adattano manga recenti.

  2. Personalmente la parte iniziale è quella che mi è piaciuta di più,ma andando avanti credo si sia perso un pò…specialmente nel finale che ho trovato molto banale

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