Salve a tutti, che tempo fa dalle vostre parti…qui, mentre io, Regola, ho scacciato il mio collega e amico bila per questa settimana dalla rubrica Consigliato da Komixjam, nevica abbondantemente, motivo in più per restarsene al caldo e leggere qualcosa (la battaglia di palle di neve dovrà aspettare ancora un pò…). In realtà, era da diverso tempo che volevo parlarvi di questo manga, 3×3 Occhi: semplicemente perchè è quello che considero il migliore che abbia letto in vita mia (a 27, quasi 28 anni).
Tutti abbiamo qualche fumetto, film, libro a cui abbiamo dedicato un posto speciale nel nostro bagaglio di esperienze, che spesso è anche qualcosa che ci ha formato, plasmato, e tramite la quale rileggiamo incosciamente ogni altra opera in cui incappiamo; penso anche che da questi “piccoli” particolari si possa anche capire che tipo di gusti e preferenze una persona possa avere. Ovviamente, come molti che mi conoscono sanno già, sono una persona che ama complicarsi la vita: allo stesso modo la storia editoriale in Italia di 3×3 Occhi è complessa, fatta di cambi di testata e pubblicazioni poco ortodosse per i tempi e le abitudini del moderno lettore italiano. Erano i “decadenti” anni novanta, quando (precisamente 1992) la Star Comics decise di pubblicare l’opera prima, all’epoca ancora alle battute iniziali, di Yuzo Takada, un capitolo al mese sulla rivista Kappa Magazine. La prima serie venne pubblicata tutta in questo modo, la seconda invece si meritò degli albi monografici, venendo spostata su Young (con un formato oggi scomparso, direi); la terza serie invece è stata pubblicata uno o due episodi alla volta sempre sulla collana Young, mensilmente, insieme ad altre serie (tra cui Pendragon, Rayearth e Seraphic Feather…che tempi…). Nel 1996 la quarta serie si sposta su Storie di Kappa, che come molti sapete pubblica volumi a casaccio in tempi e ordine poco chiari….basti sapere che nel 2004, quando la pubblicazione su questa collana viene interrotta, della quarta serie Legend of Trinetra sono stati pubblicati 14 volumi…ma questo perchè sempre nel 2004, a testimoniare che gli anni novanta erano finiti, la Star Comics iniziò a ristampare l’intera serie accontentanto migliaia di lettori che trovavano difficile orientarsi in questa labirintica storia editoriale. Ed è così che oggi i 40 volumi della serie troneggiano nel posto d’onore della mia collezione.
3×3 Occhi è l’opera a cui Yuzo Takada ha lavorato dal 1987 al 2002, dividendola in quattro serie. Sebbene la narrazione sia lineare si preferisce usare questa divisione anche per le differenze di stile, disegno e temi trattati. 3×3 Occhi è a momenti seinen, in altri shonen, a volte horror, action…in altri momenti è un manga umoristico, dai toni ecchi con dinamiche harem, e nelle sue parti più belle un manga in cui Takada ci parla della sua visione dell’essere umano, della felicità, dell’amicizia e dell’amore per come vengono visti e vissuti da coloro che aspirano ad esseri umani. Nella prima serie (volumi 1-2) Yakumo Fuji, un ragazzo di sedici anni abbandonato dalla madre e con il padre sempre in viaggio per lo sconfinato Tibet, vive la sua vita diviso tra scuola, gite col motorino e il suo lavoro part-time in un locale per travestiti (Yakumo sembra essere un nome a sua volta ambiguo, adatto a maschi e femmine). Un giorno una misteriosa ragazzina che parla solo cinese, sporca e trasandata, gli porta il teschio e la lettera con le ultime volontà di suo padre: questi vuole che aiuti Pai (la ragazzina), ultimo membro del misterioso popolo dei Sanzhiyan Hum Kara a diventare umana. I Sanzhiyan, chiamati anche Triclopi, sono una razza antichissima che secondo le leggende era in possesso del dono dell’immortalità ed eterna giovinezza, ma che a un certo punto della loro esistenza possono desiderare la mortalità…come questo sia possibile rimane però un mistero, essendo Pai l’ultima della sua genia. Tuttavia il giorno del loro incontro un demone al servizio di Pai, Takuhi, viene liberato e inizia a terrorizzare Tokyo: nell’aiutare Pai a fermarlo Yakumo viene mortalmente ferito, ed è in quel momento che il Terzo Occhio mangia l’anima del povero ragazzo, trasformandolo in un Wu, uno schiavo immortale e indistruttibile, vincolando per sempre la loro esistenza.
Vivere per sempre, innamorarsi ed affrontare pericoli indicibili, vedere posti di cui nemmeno si conosceva l’esistenza ed affrontare il più terribili dei nemici possibili, Benares (da sempre al podio più alto dei miei cattivi manga), il Dio Drago, anche egli Wu; scopriamo quindi subito che Pai non è realmente l’ultima… Yakumo verrà trascinato in questo mondo contro la sua volontà, e non potrà neppure evitarlo, poichè la risposta al Rito di Umanizzazione è un segreto che giace proprio oltre il punto di non ritorno… ed è così che le loro (dis-)avventure hanno inizio, mai fermi nello stesso posto per più di venti pagine, sempre in azione, alla ricerca di risposte (è un manga in cui parlano tantissimo). La spettacolare seconda serie (volume 3-5) dal tono archeologico e avventuroso presenta al pubblico il mondo e la cultura dei Triclopi; la terza serie (volumi 6-12) ci presenta invece con episodi autoconclusivi spaccati della vita di Yakumo come acchiappamostri di una rivista giornalistica di Honk Hong, per poi lentamente ingranare verso il plot principale e rivelarci il terribile segreto del Rito di Umanizzazione. Ma le prime tre serie sono un’immensa introduzione, come se Takada volesse darci le informazioni per comprendere la parte centrale della sua opera: Legend of Trinetra (volumi 13-40) è la quarta serie, in cui la vera battaglia tra Yakumo e Benares comincia (essere immortale è ben poca cosa se non si ha sufficiente forza di abbattare i propri nemici, e Yakumo inizierà a poter anche solo pensare di fare un graffio a Benares dopo una ventina di volumi…).
È difficile per me sintetizzare questo manga, tentato come sono di parlarne per ore e ore, credo che per capire sia necessario leggerlo, forse nei modi e nei tempi in cui l’ho fatto io. Nel 2002, quando in Giappone terminò il manga, resistetti alla tentazione di procurarmi le scan, di finire di leggerlo e la mia testardaggine è stata poi premiata: nel novembre 2007 ho avuto fra le mani il quarantesimo volume, potuto leggere la parola “fine” e poi versare una lacrima. Non ci saranno mai più avventure di Yakumo e Pai, quel perdersi e ritrovarsi, quell’eternità davanti che non significa niente se separati. Mi mancheranno per sempre i tentativi di Yakumo di recuperare quelle piccole cose che la sua immortalità gli ha tolto, come amicizie e sogni; mi mancheranno i cattivi di Takada, quelle creature mostruose e vermoidi che sono un pò il marchio di fabbrica (da cui gli deriva anche il soprannome “Lovecraft del Sol Levante”). Eppure è proprio la parola fine ad aver dato senso a tutto.
Che altro posso dirvi…? Beh, il manga iniziò negli anni ottanta, pertanto la qualità del disegno nei primi volumi non è molto alta, lo stile di Takada matura e muta spesso, acquisendo comunque i suoi canoni definitivi intorno il quinto volume della quarta serie, in cui anche la figura di Benares comincia ad essere disegnata secondo il suo modello definitivo (trall’altro le dimensioni di Benares cambiano in base a quanta energia possiede in quel preciso momento), per certi versi differente da come appare nel secondo volume della prima serie. Ma come dicevo poc’anzi, una degli elementi più belli è rappresentato dal bestiario. Un manga dove poi, l’adrenalina scorre a fiumi, in cui i colpi di scena sono sempre ben calibrati e azzeccati, ma dove, col senno di poi, ogni piccolo particolare trova un senso preciso; credo fondamentalmente che il primo pregio di Takada sia aver creato una storia in cui fin dal primo volume vi sono gli elementi per capire cose scoperte poi venti, trenta volumi dopo; la coerenza e la logica di fondo con cui la narrazione è stata costruita sono a mio avviso molto rare in opere così lunghe.
Negli anni ho letto (e visto) tante belle cose, che mi hanno appassionato, commosso e divertito, ma niente vi è riuscito come le storie di Yakumo e Pai, eppure sempre andrò alla ricerca di sensazioni simili, perchè cercare e trovare opere valide, che danno piacere e soddisfazione nella lettura, è la mia massima aspirazione come appassionato di manga. E se queste mie parole vi hanno convinto non avete nessuna scusa, considerato quanto è semplice procurarsi la serie per voi lettori del ventunesimo secolo.